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EXT – La storia di Kairos e prospettive sul futuro dell’Asset Management.

Paolo Basilico, Fondatore del Gruppo Kairos

Nell’intervista di oggi avremo il piacere di ascoltare la storia di Paolo Basilico, fondatore del Gruppo Kairos.

Kairos è una partnership specializzata in asset management, la prima a lanciare un hedge fund in Italia e a basare la sua attività sull’indipendenza da gruppi bancari e assicurativi, in una strategia di crescita incentrata sulle performance e sul passaparola e non sui classici modelli basati sulle reti di vendita.

Paolo Basilico ci esporrà il suo punto di vista e le sue esperienze riguardanti molteplici argomenti rilevanti nella loro contemporaneità, ad esempio, l’importanza della pazienza (particolarmente nei giovani) necessaria per il successo come imprenditore finanziario, il futuro delle fintech e delle cryptovalute come strumenti finanziari all’avanguardia tecnologica, oltre all’imprevedibilità della vita tra i fattori critici di successo, insieme al ruolo del team work.

Esploreremo insieme la fondazione di Kairos e dei problemi iniziali, soprattutto nel cambiare l’opinione pubblica italiana sul valore dell’indipendenza e dello “skin in the game”, la storia della sua uscita dal Gruppo per dedicarsi a nuove avventure, l’equilibrio vita privata-lavoro, i valori che hanno guidato la sua carriera, l’importanza dei mentori nella professione, e l’evoluzione dello stile lavorativo nei vari periodi della vita.

Per concludere non potranno mancare i canoni bullet point finali in aggiunta ai consigli per i nostri giovani ascoltatori in un’intervista da non perdere.

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Buongiorno agli ascoltatori e benvenuti al podcast Inside Finance. Sono Laura Buono e ho il piacere di introdurre l’episodio di oggi della serie Alternative Investments con l’intervista a Paolo Basilico, fondatore di Kairos. Paolo ha trascorso 37 anni sui mercati finanziari e per 30 ha guidato aziende leader nel settore.

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Dopo la laurea in Bocconi e uno stage a Wall Street, ha cominciato a lavorare nel 1984 come intermediario di titoli azionari presso la banca Manusardi, oggi Fideuram, in coincidenza con il primo vero boom di piazza affari. Entrato nella Mediobanca di Cuccia, Maranghi e Bragiotti nel 1987, si occupa della prima grande ondata di privatizzazioni in Italia.

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a dirigere la Giubergia Warburg, una startup anglo-italiana nel settore dell’intermediazione che diventerà presto il leader del suo settore. La partenza è da incubo con la tempesta perfetta di Tangentopoli, crisi del debito pubblico e svalutazione della lira, ma da quelle macerie nascerà un vero mercato finanziario in Italia. Nel 1999 il grande passo verso l’imprenditoria.

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Insieme ad altri quattro soci e grazie ai capitali raccolti da alcune famiglie di imprenditori italiani, Basilico fonda Kairos di cui sarà presidente e amministratore delegato per un ventennio. Sotto la sua guida, il gruppo diventerà la storia di maggior successo nel settore del wealth management indipendente.

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una struttura azionaria di partnership, le innovazioni di prodotto con il lancio del primo hedge fund italiano e tanto skin in the game, visto il coinvolgimento anche finanziario dei maggiori soci, sono i fattori critici di successo dell’iniziativa. Partita con circa 70 miliardi di lire, Kairos arriverà a gestire oltre 11 miliardi di euro nel 2019, prima di essere ceduta alla banca svizzera Julius Baer.

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Nel 2019, al compimento dei suoi 60 anni, Basilico lascia Kairos e inizia un nuovo percorso. Fonda Samhita Investments, holding privata dedita agli investimenti, alla consulenza, alla filantropia e all’educazione finanziaria. Pubblica un libro, Uomini e soldi, edito da Rizzoli, che in modo autobiografico racconta il trentennio d’oro della finanza italiana, ma anche le regole per poterlo navigare.

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Diventa collaboratore del Corriere della Sera e svolge un’opera di educazione finanziaria sui canali social di LinkedIn e Instagram. È presidente della fondazione Oliver Twist, una onlus dedicata al disagio giovanile con particolare focus sull’affido e sui problemi di formazione scolastica.

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Paolo Basilico è intervistato da Vincenzo Marzetti, fondatore del podcast Inside Finance e del marchio di Conferenze Econ Zero In Sharing Knowledge, Chief Business Officer di Yazon, società di consulenza in risk management finanziario, consigliere del Canova Club Roma e coordinatore del format Breakfast & Finance. Ricordiamo gli interessati di iscriversi al podcast Inside Finance o alla pagina LinkedIn dedicata.

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per non perdere i prossimi episodi, insieme alla possibilità di entrare in contatto con noi per i vostri commenti, suggerimenti o proposte di collaborazione, inviando una mail a segreteria at insidefinance.it Buon ascolto!

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Benvenuto quindi a Paolo Basilico e grazie per la tua partecipazione. Caro Paolo, per iniziare, come stai in questo periodo piuttosto ancora particolare e su cosa stai lavorando in questi giorni? Grazie Vincenzo, sono molto contento di essere qui con te e a fare due chiacchiere su un po’ di cose che riguardano la mia vita e anche i mercati. Sono in, come tutti, felice di essere vicino, mi sembra, all’uscita di questa pandemia

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pesantemente influenzato, durante la quale però io ho continuato a lavorare, sto facendo quello che è un po’ il seguito della mia attività professionale post-Kairos, che è essenzialmente basata su investimenti, investimenti soprattutto di natura privata. In questo momento sto guardando ad una società non ancora quotata, che mi interessa molto, nella quale sto pensando di comprare una piccola partecipazione, mi sto occupando di filantropia, mi sto occupando

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sempre sul corriere come sai e quindi insomma la vita è sempre piena di cose da fare e anche di cose interessanti da seguire, quindi diciamo mi godo un po’ questa fase di ripresa che mi sembra esserci soprattutto a livello emotivo. Grazie Paolo, quindi mi sembra che anche tu non ti annoi, è sicuramente un periodo anche stimolante sotto certi punti di vista.

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anche magari per una ripresa che sembra sia in atto, poi lo vedremo a breve anche nella sua entità. Mi fa particolarmente piacere l’intervista di oggi perché potremo fare una chiacchierata a 360 gradi in modo del tutto indipendente. Quindi sarà interessante perché ovviamente non avrai delle logiche di parte e una grande esperienza che abbiamo visto nell’introduzione e soprattutto che conosciamo tutti. Partiamo quindi dalla storia di Kairos. Come nasce il progetto?

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Guarda, il progetto nasce da una combinazione di fattori come sempre nelle iniziative imprenditoriali. Io e alcuni partners con i quali lavoravo nella mia precedente esperienza, che si chiamava Giubergia Warburg, che era una società di intermediazione mobiliare molto nota, di successo, etc., avevamo però un sogno, un obiettivo, anche un desiderio forte, che era quello di metterci in proprio. E questo fu possibile.

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Circa dieci anni dopo l’inizio di Giubergen-Wolff, quando a quel punto io avevo 39 anni, si era formata già una discreta esperienza sui mercati, una discreta conoscenza del mondo del finanziario italiano e anche, devo dire, alcuni forti legami con il mondo dell’imprenditoria, etc., che poi ci avrebbero aiutato a sviluppare quello che abbiamo fatto. E così nel 1999, in un ufficio temporaneo di vie conservatorie, con gli scatoloni per terra, etc., è nata questa avventura.

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che poi è andata ben oltre quelli che erano i nostri sogni e i nostri aspettativi iniziali, grazie ad una serie secondo me di caratteristiche che Kairos aveva in quel momento e che ne faceva una società diversa da quelle presenti sul mercato, da quelle presenti nel sistema finanziario italiano. Diversa per una serie di motivi, non quelli più ovvi ai quali uno pensa sì è vero siamo nati con gli hedge fund e quindi c’era un’innovazione di prodotto.

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Però a mio parere fu molto più importante essere per esempio imprenditore in settore di rispire un gestito, quindi avere quello che si definisce skin in the game. Noi eravamo investitori in ogni singolo fondo che gestivamo e quindi avevamo moltissimo skin in the game. Eravamo una partnership in un mercato che era ampiamente dominato da banche assicurazioni.

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dove anche quelle poche iniziative private erano generalmente al tempo figlie dei vecchi agenti di cambio se ti ricordi, quindi tutte famiglie in un circolo molto ristretto, noi eravamo un po’ dei parvenuti dell’epoca però non avevamo distribuzione, non avevamo nessun tipo di legame perché tu hai citato prima dell’indipendenza, oggi chiaramente sono al 100% indipendente quando parliamo di mercati ma anche all’epoca la voglia di essere indipendenti era molto forte.

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ci caratterizzava. Quindi queste sono state tutte delle componenti che hanno di fatto identificato in Kairos qualcosa di nuovo sul mercato e questo ci ha molto aiutato perché sai non è che si sentisse questo disperato bisogno di un’ennesima società di gestione in Italia. Io mi ero fatto un giro di amici

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che lavoravano nelle società di consulenza come Bain, McKinsey, e c’era per chiedere cosa ne pensate di questa iniziativa, di questo progetto. E la risposta fu più o meno unanime, ma se non hai la distribuzione, se non fai un accordo con una banca o una sicurazione, non vai da nessuna parte. Invece noi volevamo fare qualcosa di diverso, volevamo essere indipendenti, volevamo crescere col passaparola e quindi nonostante, come dire, pareri…

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da un punto di vista istituzionale i contrari andam avanti. C’era ovviamente anche questa novità normativa della possibilità di lanciare degli edge che all’epoca non esistevano, anche lì moltissimi dubbi dall’esterno sul fatto che la Banca d’Italia ci avrebbe mai autorizzato per primi, ma perché devono autorizzare per prima una società di persone? Sì che sì, si conoscono, ma insomma rispetto ad altre iniziative molto più…

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Establishte, invece poi alla fine Banca Italia ci autorizzò. Io devo dirti la verità che con Banca Italia all’epoca c’era Berione, che purtroppo non c’è più, insomma c’erano delle persone che erano molto imprenditoriali anche nell’atteggiamento, nel voler favorire un mercato che non fosse esclusivamente un mercato bancario. E quindi, ripeto, come sempre quando iniziano le attività non c’è mai un’unica componente che ne decreta il successo nel successo.

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Però quello che avevamo pensato e organizzato intorno all’iniziativa poi funzionò. L’unica cosa che non funzionò Vincenzo fu il mercato, perché al contrario di tante altre iniziative imprenditoriali dove se tu studi il business plan, la concorrenza, cerchi i capitali, cerchi le risorse, poi puoi partire. Quando fai qualcosa nel settore finanziario c’è una variabile che non dipende da nessuno che è il mercato.

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Quindi noi partiamo nel 1999 e nel 2000 la borsa crolla, se ti ricordi, crolla con il famoso scoppio della bolla dot com. E quindi là ci siamo fatti già i primi due anni di montagne russe, che però, come sempre poi, anche nel proseguo della nostra avventura, alla fine finirono per fortificarci e più venevolirci. Quando citavi il mercato, mi è venuto il dubbio se parlassi del mercato.

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di riferimento quindi dei risparmiatori oppure dei mercati finanziari ovviamente di riferire ai mercati finanziari ma credo sia utile separare le cose tra la produzione e la distribuzione dove la produzione ovviamente influenzata dal mercato poi mi ha molto colpito caro paolo la tua storia perché mi è venuta in mente uno dei discorsi di arnold schwarzenegger agli studenti non ricordo quale università

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che diceva che una delle chiavi del successo è quella di non ascoltare gli scettici. Quindi mi sembra un chiaro esempio dove nonostante hai avuto indicazioni non proprio entusiasmanti, siete riusciti ad andare avanti. Ma mi chiedo, i capitali iniziali, da dove derivavano? Erano totalmente vostri, avevate un portafoglio di family and friends, perché poi la parte importante è proprio la startup. Poi ovviamente sulla base dei risultati…

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dei fondi si crea quell’effetto passa parola che dicevi, ma come è iniziato il capitale iniziale? Noi partiamo con un fondo hedge a Londra e poi sviluppammo la SGR, la società di gestione in Italia. Il fondo a Londra fu finanziato essenzialmente da un imprenditore, il mio amico, che ci diede quello che si chiama ingergotecnico, il seed money. Noi ovviamente partecipammo con

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ma il seed money fu ovviamente necessario per poter lanciare l’iniziativa. Tieni presente che al tempo non era necessario avere delle somme particolarmente elevate rispetto per esempio a quanto accade oggi, perché per una serie di motivi, ma soprattutto perché la struttura dei costi che c’era all’epoca è molto diversa dalla struttura dei costi che c’è oggi. Parlo di compliance, parlo di risk management, parlo di tutte quelle iniziative che oggi devi avere.

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per poter fare gestione. In Italia invece, raccogliamo i soldi grazie ad una serie di soci che ci diedono una mano in termini di capitali a fronte di una piccola quota di partecipazione in Kairos. E quindi, da Marzotto a Merloni, da Benetton a Denegri, quello di Diazoni, ci fu una serie di imprenditori che ci diedero fiducia.

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al capitale di queste persone e diciamo avviamo l’iniziativa. Poi erano nel 99 ovviamente eravamo ancora in pieno bull market quindi non fu difficile raccogliere.

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abbastanza soldi per raggiungere il breakeven, cosa che facevamo perché noi non abbiamo mai avuto un anno in perdita in Kairos e quindi poi anche questa solidità dell’azione di Atto ci consente poi di affrontare la bolla del 2000, sì con dei patemi d’animo ma senza poi correre il rischio di venire ragnificato tutto nel giro di pochi mesi. Quindi Paolo…

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mi sembra che come chiave del successo, oltre a quella che definivamo prima il non ascoltare gli scettici, c’è ovviamente la reputazione, aveva una storia da raccontare, le relazioni che c’erano alla base, che insomma erano anche legate al discorso della fiducia e anche il timing che sicuramente è stato provvizio perché erano anni in cui la borsa faceva impazzire un po’ tutti, credo tu stia d’accordo con me che è più facile tenere un cliente in

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prendere un ex novo in una fase successiva allo scoppio di una bolla. Sei d’accordo su questo? Se avessi posticipato di 3-4 anni forse sarebbe stato più complicato perché rimaneva una paura consistente da parte degli investitori. Sono d’accordesima con te Vincenzo, infatti però è una cosa buffa perché se ce l’avessero detto a giugno del 99, guarda che a febbraio scoppia la bolla e il borsa è perduto il 40%. Noi ovviamente non saremmo partiti e questo

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del fatto che, secondo me, una volta che tu senti di avere le caselle a posto, di aver fatto il lavoro che dovevi fare per valutare tutti i proveri, alla fine devi partire, perché anche non sentire gli scettici fa parte di questa forma di gettare il cuore oltre la sbarra, che c’è secondo me in qualsiasi tipo di attività imprenditoriale. Una cosa però la voglio dire, perché sai che oggi…

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Voglio dire, i ragazzi fanno tantissime start-up, la tecnologia consente dei lanci anche quando sei giovanissimo, ecc. Una cosa la voglio dire è che però noi avevamo accumulato tantissimi anni di esperienza nel settore. Questo lo dico perché anche quando parlo con tanti ragazzi o con i miei figli, io dico sempre che gettare il cuore oltre la sbara, dal certo punto di vista è indispensabile perché quando guardi al tavolino qualsiasi tipo di iniziativa, ci sono sicuramente tantissimi…

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punti interrogativi, tantissimi dubbi che in teoria potrebbero frenare secondo me anche Steve Jobs. Però c’è qualcosa che devi avere e quello che devi avere è una conoscenza di base. Io suggerisco sempre di leggere il libro di Malcolm Gladwell, quei fuori classe, dove lui parla della famosa teoria delle diecimila ore che sono quelle necessarie ad acquisire qualsiasi tipo di mestiere. Lui fa questo…

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Questo è un riferimento molto carino ai Beatles che lui dice prima di partire da Liverpool erano abbastanza degli scappati di casa poi andarono ad Hamburgo a suonare, suonavano sette giorni su sette e quando tornarono a Liverpool era una band diversa perché avevano imparato e avevano imparato attraverso…

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tour de force di Serate. Ecco, questo secondo me è l’unica cosa che però alla quale bisogna guardare, perché a volte nei ragazzi di oggi le startup sono delle avventure senza aver cementato veramente una conoscenza di base, senza non solo i 10.000 ore, ma forse neanche le mille.

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Concordo pieno, infatti credo che gli esempi delle startup milionari o miliardarie create nei garage degli Stati Uniti hanno creato il mito del multimiliardario under 30 che è un po’ il punto di riferimento dei cosiddetti startupari quando sono perfettamente d’accordo con te, caro Paolo, che prima

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poter avviare qualcosa è necessaria non solo l’esperienza ma anche la credibilità e quindi il grande problema secondo me oggi dei ragazzi è che non hanno pazienza. Poi lo affronteremo bene quando arriveremo ai consigli per i giovani. Ma riguardo Kairos, quindi quali sono state le maggiori difficoltà che hai dovuto affrontare? Ma se le difficoltà sono state come ti ripeto, sono state il fatto che tu andavi a presentare qualcosa molto innovativo.

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di prodotto, di struttura societaria. Io mi ricordo che la maggior parte delle persone che incontravo mi chiedevano se fossimo una banca e io ripetevo di no, ma per me non esserlo era un fatto positivo, no? Perché tutto il concetto valoriale di Caros era di essere una società indipendente, una panna. Ma questo fu durissimo da trasmettere.

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ad una cultura italiana che non affidava soldi a strutture non bancarie, no? Quindi questo fu un grande tema. Poi l’altro grande tema è che quella era una partnership. Noi eravamo in quattro in partenza, ma siamo diventati 22 nel tempo. E quindi sia la selezione che la gestione di una partnership è un mestiere complicatissimo. È un mestiere complicatissimo, ma è anche indispensabile, perché nel mondo di oggi le competenze richieste sono talmente ampe.

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che non si può affrontare secondo me più o meno nessun tipo di settore segmento più da soli, occorre essere una squadra, no? Adesso voglio dire, è troppo facile fare l’esempio qualitare di Mancini, ma concettualmente il concetto di squadra è diventato fondamentale perché veramente il mondo è complicato, veramente le competenze sono diverse e sempre più complesse e quindi la gestione di partnership in assoluto per me nei vent’anni di Kairos è stata…

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sicuramente una difficoltà perenne, al tempo stesso anche l’ingrediente indispensabile per poterle avere successo.

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e Paolo penso per una corretta rappresentazione di entrambi i lati della medaglia credo che sia importante però far capire anche quanto è difficile mantenere unito il gruppo e gestire i rapporti tra i partner perché penso che nell’esperienza della partnership spesso e volentieri idee diverse comportavano comunque una difficoltà di comprensione di comunicazione di gestione della complessità che comunque va tenuta in considerazione quando in Italia spesso abbiamo

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che da un punto di vista è più snella e più veloce se sei d’accordo su questo? Sì, hai assolutamente ragione. Al tempo stesso come anche scritto nel libro che ho pubblicato che racconta un po’ la storia di Kairos, la partnership non è una cooperativa, cioè ci vuole una leadership. Ovviamente la leadership in una società di quel tipo non viene per diritto divino e ti dico la verità non viene neanche dal numero di quote che uno ha, viene dal fatto

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che alla fine il gruppo si affida a qualcuno perché lo ritiene, diciamo, la persona giusta per guidare l’azienda. Ecco, quindi è un continuo equilibrio tra l’esercizio della leadership e il fatto che la leadership è condivisa, cioè va condivisa perché come dicevi giustamente tu, su tanti temi non ci siamo scontrati. E in particolare quando

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diciamo, il mondo fuori diventa difficile, e io ricordo ovviamente il 2008, è chiaro che le tensioni e le idee, eccetera, si esasperano, no? Quindi quelli sono veramente dei momenti in cui se tu non riesci a tenere insieme il gruppo, la società si dissolve. E noi abbiamo avuto un rischio di questa natura, che fortunatamente abbiamo superato. L’abbiamo superato perché alla fine non siamo stati insieme, ci siamo messi insieme, poi abbiamo selezionato tutti i vari soci, avevamo…

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essenzialmente un DNA comune, per cui pur avendo pareri diversi, però alla fine abbiamo sempre trovato la quadra. Ma questo è assolutamente uno sforzo, una difficoltà, una complessità e come dici tu in Italia questa è una cosa con la quale molti imprenditori fanno fatica ad avere a che fare, perché alla fine la gente vuole decidere, vuole decidere da solo, vuole decidere in fretta, non vuole ruotare di scatola, quindi forse in certi settori basta.

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Basta ancora un video ship di quel tipo. Nel settore finanziario assolutamente no. Il settore finanziario è uno sforzo di team a tutti i livelli. Grazie Paolo, sono perfettamente convinto anche del fatto che serve qualche capello bianco per gestire la complessità delle relazioni e qui ritorniamo pure sulla pazienza, perché magari dei giovani estremamente in gamba non sono in grado però di gestire la componente umana che purtroppo è qualcosa che si acquisisce.

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anche con tante porte chiuse in faccia, tante delusioni, tante parole non dette. Sei d’accordo che si riesce a interagire bene dopo aver, insomma, lavorato parecchio su un fattore umano che non si impara all’università? Quello sono d’accordissimo e tra l’altro quello ti serve per poter essere autorevole. Perché, sai, alla fine parliamo di fare un’azienda con soci che sono bravi.

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perché altrimenti non stavamo parlando di quello stiamo parlando, hanno parecchi soldi in tasca perché il settore finanziario chi arriva a quei livelli chiaramente non è un po’ veraccio, hanno delle forti personalità perché di nuovo altrimenti fai fatica a riuscire in quel settore, quindi stai parlando di, io ogni tanto raccontavo che sembrava un po’ un domatore di leoni, però stai parlando di quel tipo di messere lì, che ti hai riconto che molto…

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tantissima gente, non ha nessuna voglia di fare perché è un mestiere dove poi a volte ti porti a casa anche un sacco di mal di pancia, però è un condizio sine qua nonna di una società di successo nel settore finanziario secondo il mio parere. Paolo, ti ringrazio di questi approfondimenti che danno la possibilità di capire il valore

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di un’attività imprenditoriale nel settore finanziario, il valore di un’esperienza di successo, ma anche tutto quello che sta sotto l’acqua dell’iceberg che praticamente rappresenta il mio podcast come immagine. Quindi, insomma, Kairos è una realtà conosciuta, di grandissimo successo, grazie di averci dato tutti gli insight, di capire la complessità di gestire una macchina di questo tipo.

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e ovviamente tutte le particolarità che hanno determinato il suo successo anche per questioni temporali che prescindono poi dal management, perché il libro di Malcolm Gladwell, fuori classe mi pare definisse insomma delle variabili comunque non gestibili come la chiave del successo di persone che l’hanno sfruttata al loro favore. Se non sbaglio…

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C’erano tanti esempi come gli avvocati a New York, d’affari che non erano mai considerati e poi è volata la finanza, è stato un caso che hanno cavalcato. Sì, lui dice una cosa che poi ritrodiamo in tanti altri libri, per esempio in Caneman, in tutta la finanza comportamentale, cioè che noi diamo un peso eccessivo al talento quando parliamo delle storie di successo.

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mentre le storie successo sono una combinazione di tanti fattori incluso, ma nel senso in primis, il fatto o la fortuna e quindi anche il timing come dici tu. Una cosa però ci dobbiamo ricordare è che quando siamo nati noi sono nati molte altre iniziative di cui non abbiamo memoria perché poi alla fine il successo di Kairos è stato oggettivamente da un punto di vista proprio è stato qualcosa di unico.

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nel settore del risparmio gestitutitale, cioè nessuna società ha avuto un successo di questo tipo nascendo dagli scatoloni. C’è ovviamente Mediolanum con Doris e Azimut, ma quello era il settore Reti e poi c’erano tutti i nostri concorrenti che però venivano da famiglie di agenti di cambio, famiglie molto prestigiosi. Questa è stata l’unica azienda che si è imposta sul mercato italiano partendo da nulla.

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E questo chiaramente perché? Perché è molto difficile farlo, no? Perché l’Italia è essenzialmente un settore di banche o di parabanche, quindi hai a che fare con dei concorrenti che hanno delle spalle molto più grandi di te. Quindi l’aspetto imprenditoriale però, se vuoi anche la voglia di competere, di riuscire a vincere, no? Questo aspetto qui un po’ ce lo devi avere dentro, perché questo non te lo regala nessuno.

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Concordo pienamente. Poi hai citato il grosso scoglio iniziale della parte culturale, no? Perché ora mi dirai se a tuo parere la cultura finanziaria oggi del pubblico è adeguata. Io credo di no, ma comunque sia è molto migliorata rispetto a vent’anni fa. Mi chiedo come hai dovuto risolvere il problema della cultura perché solo a mente la vostra credibilità e poi magari le masse in gestione come effetto cregge.

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hanno potuto magari scalfire una cultura dove non avendo la banca dietro non avevano paura che il gestore scappasse con i soldi, no? Sei d’accordo su questo? Sì, ti rispondo alle due domande che sono implicite in quello che stavi dicendo. La prima è vero che siamo ancora indietro in termini di cultura finanziaria, però sono stati fatti dei progressi enormi, cioè poi è sempre difficile ricordarselo, no? Però io sono nato alle grida di Milano in una borsa dove…

30:31
che assomigliava molto di più ad una bisca che era un mercato finanziario. Oggi siamo in un mondo fantascientifico rispetto ad allora e in fondo sono passati solo 40 anni, quindi l’Italia ha fatto tanta strada. Oggi se parli di iniziative imprenditoriali, fondi edge, private equity, venture capital, la cultura finanziaria è molto migliorata.

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Certo non siamo ancora ai livelli dei mercati anglosassoni, c’è ancora tanto da fare e è un po’ tutti nel nostro piccolo in cominciare da te con questo tipo di iniziativa. Cerchiamo di portare un po’ di quella nostra esperienza, quello che abbiamo imparato, cerchiamo di darlo anche agli altri e secondo me…

31:18
le nuove generazioni arriveranno preparate molto più di quanto non siano state i nostri genitori o i nostri nonni e quindi ti direi che questo è un percorso che secondo me è netto, è visibile, è chiaro ed è in progresso. Poi certo, siamo sempre un Paese che si è svegliato, non ci dimentichiamo che i fondi di investimento in Italia partono nel 1984 alla borsa di Google Street nell’inizio del secolo.

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facevano già opzioni derivate, quindi sai è ovvio che c’è un ritardo, però io vedo un netto progresso. Anche io Paolo, diciamo che spesso vedo un’attenzione da parte del pubblico molto molto accurata nello scegliere l’ultimo modello di telefonino con tutte tavole comparative, anche insomma approfondimenti piuttosto sostanziosi.

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e allo stesso tempo magari in banca la cultura della valutazione delle soluzioni proposte dal banker è totalmente basato sulla fiducia, ben venga, però ecco è sempre la cultura che dà la possibilità di valutare al meglio prodotti e professionisti. Io vedo più attenzione sui telefonini che sul risparmio privato, oggi sicuramente anni luce rispetto a vent’anni fa. Ecco su questo non so se sei d’accordo. Sì, è anche figlio…

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di quello che è successo in Italia, no? Perché in Italia la gente ha messo i soldi nel mattone e nei titoli di Stato. È un’intera generazione, non si è neanche posto il problema se ci fosse bisogno di fare altro, perché il mattone…

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continuato a salire e i titoli di stato davano delle cetole molto corpose, seppure, diciamo, nominalmente più che in termini reali, cioè non al netto di inflazione. Però con queste due semplicissime mosse il tipico risparmiatore italiano, la tipica famiglia italiana si è messa a posto. I problemi sono nati poi nell’ultimo ventennio, in particolare negli ultimi anni, quando il

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ha iniziato a dare più delusioni che risultati e quando l’eccedere il titolo di Stato si sono incredibilmente assottigliate fino addirittura ad azzerarsi. Ecco che improvvisamente un’intera nazione si è svegliata sul problema dell’educazione finanziaria. Ripeto, Vincenzo ci vorrà del tempo, però la strada è giusta.

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Sì, sono d’accordo ed estremamente fiducioso. Stiamo a vedere e ovviamente la nostra è una piccola goccia nell’oceano in quella direzione. Un’ultima domanda su Kairos. Se ho ben capito, quindi la raccolta avveniva tramite le vostre relazioni, quindi una raccolta diretta. Non avete mai approcciato gli investitori istituzionali oppure la distribuzione delle banche? Avete avuto problemi in questo senso? L’avete completamente evitati? Come è andata?

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chiudo. Allora questa è interessante perché poi ti fa capire anche un po’ la mentalità. Allora noi siamo nati per fare performance e poi attraverso il passaparola a crescere. Crescere attraverso il passaparola però vuol dire che tu accetti l’idea che ci metterai anni a crescere e a diventare un marchio conosciuto. Io ho sempre detto che ci vogliono 10 anni secondo me per creare un marchio

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più o meno in qualsiasi settore, in particolare in quello finanziario. Quindi come vedi, una delle impostazioni di Kairos è stata il fatto di essere molto long term sui risultati da conseguire, no? Poi come ti dicevo prima, alla fine abbiamo raggiunto dei risultati che non pensavamo mai di poter raggiungerli, abbiamo anche raggiunto in più in fretta, però l’impostazione è stata, noi non compriamo portafogli, non andiamo a raccogliere soldi dove li troviamo, noi vogliamo…

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che i clienti siano i nostri, quindi non ci interessano poco anche gli intermediari e cresciamo col passaparola, quindi un po’ alla volta ci metteremo anni. Ecco questo concetto di metterci anni va nella direzione che dicevi prima tu con la pazienza, perché se uno vuole fare una cosa, perché dopo tre anni si vuole quotare in borsa e magari dopo cinque la vuole vendere l’azienda, l’approccio che noi abbiamo avuto chiaramente non va bene,

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poi nel lungo termine di creare veramente tantissimo valore, perché vuol dire che c’è un rapporto con la clientela, che è un rapporto consolidato, cementato, molto molto forte, mentre le crescite fatte in un altro modo sono ovviamente, magari da un punto di vista numerico, a volte anche molto entusiasmanti, però sono masse che tu rischi di perdere anche in pochissimo tempo. Quindi…

35:53
L’approccio fu questo. Poi nel tempo, un po’ alla volta, abbiamo fatto anche distribuzione attraverso alcune reti di promotori, abbiamo ovviamente approcciato il mercato istituzionale. Tieni conto che abbiamo avuto un mercato istituzionale molto importante con gli Edge Fund a Londra, dove essenzialmente i più grossi investitori erano gli istituzionali esteri. Abbiamo aperto un ufficio a New York, abbiamo aperto un ufficio a Hong Kong.

36:18
Quindi Carius ha fatto tante cose pur essendo una piccola realtà imprenditoriale, però tutto con i tempi attenti di un imprenditore. Paolo parli di piccola realtà imprenditoriale, ma quando sei uscito quanti erano le masse in gestione? Erano 12 miliardi, 11 miliardi, sì è vero, sembrano tanti Vincenzo, però diciamo nel panorama delle società di gestione parliamo di una nicchia ovviamente.

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Mi piace molto la tua modestia, ma insomma i numeri parlano chiaro. E volevo chiedere come è finita quindi la tua avventura in Kairos, quindi se ci racconti la storia dell’uscita e cosa hai potuto imparare da questa esperienza. Ma sai, l’uscita era quasi una promessa che avevo fatto a me stesso, più che un motivo diciamo episodico. Io mi sono impostato le vite in alcune tappe legate alla mia età. Ora…

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è sempre molto difficile rispettarle, no? Però io la mia idea era, ok, inizio a lavorare, a 40 anni voglio essere un imprenditore, a 60 mi riprendo la vita in mano. Detta così sembra un po’ utopica e anche molto teorica, però alla fine è esattamente quello che ho fatto. E di tutte queste tappe la più difficile da rispettare ovviamente è stata l’ultima, perché quando tu devi lasciare…

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la tua azienda, quella in cui hai lavorato, tutti i tuoi collaboratori in cui ti sei scelto uno a uno, i clienti, le famiglie, gente come… Cioè, è chiaro che questo è un passo enorme, no? Al quale devi arrivare preparato. Quindi io mi sono fatto la mia preparazione anche psicologica negli anni precedenti e poi alla fine sono arrivato a staccare la spina, pronto.

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a farlo. E’ chiaro che essere pronti a farlo non vuol dire andare in pensione o ai giardinetti sulla panchina, vuol dire però iniziare a fare una vita in cui il lavoro è diverso da quello che hai fatto precedentemente. Perché io sono convinto di una cosa, che bisogna lavorare fino all’ultimo giorno in cui si respira. Però è anche vero che non bisogna fare sempre la stessa cosa, perché quello che io potevo fare a vent’anni era diverso

38:28
ed è diverso da quello che posso fare a 60. E cercare di rimanere aggrappati ad un’unica idea di lavoro, ad un unico progetto di vita, secondo me è un grande errore. Io avevo visto mio papà che quando smise a lavorare l’anno dopo, morì, era la tipica persona del dopoguerra che aveva solo lavorato e basta e che non aveva resistito al concetto del pensionamento.

38:54
e quindi io mi sonniero preparato mentalmente a dire no, io non voglio fare lo stesso errore. Quindi quando si è trattato di staccare la spina a 60 anni devo dirti è stato complicato, anche perché non c’era nessuna ragione e moltissimi mi guardavano come se fossi pazzo. Però in verità oggi a distanza di due anni ti dico che è stata una scelta non giusta, giustissima.

39:14
Beh, concordo pieno il senso della qualità della vita oltre alla qualità del lavoro. Senza dubbio Kairos sarà stato un lavoro altamente qualitativo e altamente ricco di soddisfazioni, però credo, Paolo, che dobbiamo dire ai nostri ascoltatori qual è il prezzo da pagare di una carriera di questo tipo e di una crescita di questo tipo, perché alla qualità di un lavoro molto interessante normalmente il prezzo da pagare sono…

39:42
quantità di lavoro molto molto significative, stress, preoccupazioni e ci vuoi dare un po’ un’idea di cosa vuol dire fare l’imprenditore nel settore finanziario e perché magari hai scelto a 60 anni di un po’ decelerare sulla qualità del lavoro e della vita. È una domanda giustissima tua ma anche molto complicata a cui rispondere perché è ovvio che c’è stato un enorme stress, c’è un enorme senso di responsabilità.

40:09
nel settore finanziario, nel settore di gestione, tu hai una doppia responsabilità. Quella verso, diciamo, i soci e le persone all’interno dell’azienda. Tu immagina, noi eravamo, quando scopre il 2008, noi eravamo 150 persone in Caes, ma nel 2008 si pensava che, non so, un I-credit fallisse, non so. E noi non avevamo nessuno alle spalle, cioè ti interrogavi dicendo ma se succede quello di cui si stanno parlando.

40:37
che cosa ci facciamo con 150 persone che vuol dire famiglie e bambini? Cioè hai questo genere di responsabilità? Poi ognuno ha un caratteri diverso dall’altro, no? Per me questa era una responsabilità molto foria, io lo sentivo enormemente. Poi hai la responsabilità dei soldi che gestisci, perché di nuovo in un’azienda di questo tipo tu non hai un numero di conto per il quale gestisci i soldi, tu hai nomi, cognomi, li conosci e conosci magari le famiglie, le vai a trovare, quindi

41:06
ti senti una responsabilità enorme anche su questo fronte. Quindi alla fine il prezzo da pagare in termini di peso sulle spalle è molto alto. Poi c’è un prezzo legato anche al tempo a disposizione che tu ovviamente sacrifici e sto pensando ovviamente alla mia famiglia e ai miei figli, che oggettivamente ho visto poco, ai quali probabilmente per una lunga parte della mia vita non ho dato quello che avrei dovuto dare.

41:33
ma perché proprio non c’è la testa, cioè a un certo punto sai almeno io non avevo questa capacità di sdoppiamento e quindi quando in questi venti anni devo dire che ho pensato molto poco ad altro se non all’azienda. Grazie Paolo di questa rappresentazione così vera e sincera che può far capire ai nostri ascoltatori il prezzo da pagare. A questo punto mi è venuta una curiosità, giusto in chiusura, ma di 100 euro

42:01
investito nell’azienda Kairos nel 99 dopo vent’anni spanometricamente quanto ha reso il frutto di tutta questa fatica così spanometricamente senza fare grossi calcoli secondo te? Guarda ha reso un multiplo molto elevato perché la fortuna è stata che l’azienda è andata ovviamente benissimo e quindi abbiamo avuto dei ritorni sull’investimento

42:29
noi e tutti i soci decisamente importanti, che ovviamente da un punto di vista economico considererei quasi ripetibili e quindi ci mancherebbe che ci fosse qualche tipo di rimpianto di la metterla su quel fronte. Però tu mi hai fatto tante domande anche di vita, no? Perché poi la gente attende sempre a pensare che vabbè, visto che hai fatto i soldi, voglio dire se non sono persona fortunata, però la vita…

42:55
poi non è fatta solo di quelli, e quindi ci vogliono degli equilibri. E devo dirti che io questi equilibri li ho ritrovati adesso che sono usciti in maniera maggiore di quanto non ci fossero quando ero lì, perché gli equilibri quando ero lì ce ne erano pochi. Ma Paolo, poi secondo me sei stato chiarissimo nello specificare il prezzo da pagare per quei ritorni e il rischio che c’era dietro.

43:20
di, come si può dire, nessuna certezza di avere tali risultati. Quindi sommando le due variabili, insomma, io spero di dare una rappresentazione piuttosto veritiera e sincera di cosa vuol dire fare un’avventura di questo tipo e tutto quello che comporta nel bene e nel male. Paolo, quindi grazie di averci raccontato questa storia così entusiasmante e anche nel profondo. Condivido pienamente la tua logica di vita. Credo che le soddisfazioni economiche…

43:49
coprano i problemi economici che sono una parte degli aspetti della vita. Però magari questo ci ritorniamo sulla parte filosofica finale. Avendo adesso raccontato ben nel profondo la storia di Kairos, cosa vedi nel futuro dell’asset management tra le due opzioni, tradizionale e alternativo? Sai, da quando lanciamo il progetto sono passati 22 anni, 22 anni è cambiato moltissimo.

44:12
all’interno dell’industria. Ci sono dei trend molto forti che vanno nella direzione di rendere, per esempio, molto difficile immaginare che oggi si possa fare una Cairo nuova come l’abbiamo fatta all’epoca. Penso a tutto l’aspetto tecnologico, penso a tutti i fondi passivi, penso al fatto che oggi il mercato è veramente globale, penso al fatto che oggi ci sono tanti investimenti nella parte private, non solo sulla parte diciamo…

44:41
l’istata pubblica, cioè il mestiere è molto molto molto cambiato e quindi se uno immaginasse oggi di partire con un’iniziativa dovrebbe inevitabilmente fare un’analisi molto attenta di quali sono i competitors oggi, quali sono questi trend, qual è l’atteggiamento delle clientele eccetera eccetera. Io l’industria la vedo ancora bene da un punto di vista di

45:10
esiste ancora la necessità di doverlo investire. C’è una domanda, ma la domanda va soddisfatta in un modo molto diverso rispetto a come si è fatto negli ultimi 20 o 30 anni e in fondo lo stiamo vedendo in tante iniziative che partono. Per rispondere alla tua domanda, gli alternativi oggi hanno preso un piede molto maggiore rispetto ad una volta. Noi abbiamo tra virgolette lanciato

45:39
per alternativo non si intende solo agge, si intendono tantissimi altri tipi di strumenti finanziari che sono tutti paralleli e collaterali a quello che poi è l’investimento tipico di azione e obbligazione. Dunque abbiamo finora analizzato il punto di vista industriale, quindi dalla parte dell’imprenditore, proviamo a fare il salto a metterci dal punto di vista del risparmiatore, magari un risparmiatore

46:05
Paolo ti vuol chiarire innanzitutto se credi nella consulenza Fioli, quella quindi indipendente dalle commissioni di vendita dei prodotti, e se dovessi essere un consulente, oggi ci riesci a fare una banoramica degli strumenti a tuo parere più interessanti e per quale motivo? Allora, nella consulenza Fioli ci credo moltissimo, è chiaro che il mercato fa un po’ fatica, il mercato intendendosi risparmiatori di investitori fa un po’ fatica a riconoscere

46:33
come dire, compensazioni al netto di quello che pagano, per esempio per le commissioni dei fondi e quant’altro, no? Perché anche lì siamo al discorso della cultura finanziaria e del fatto che siamo in un processo. Però, se mi chiedi, a mio parere, questo è il futuro del settore, perché mano a mano le persone capiranno che possono comprare tanti strumenti anche semplicemente avendo una piattaforma online, quello che rimane però fondamentale è la consulenza, perché poi…

47:03
è vero che si ha una disponibilità di scelte più o meno infinite attraverso la tecnologia, è anche vero che la disponibilità di scelte infinite complica e non semplifica la vita, quindi senza un consulente oggi la vedo molto complicata. Io sento che si dà un consiglio a un risparmiatore, di oggi gli direi semplicemente che siamo in una situazione difficilissima per investire, perché siamo in un mondo parallelo con tassi negativi.

47:32
e valutazioni storicamente ai massimi storici e quindi rendimenti previsti molto bassi e che purtroppo non c’è niente da fare perché questo è il mondo che ci è stato disegnato o se vuoi girare al contrario che è nato dopo le crisi del 2008 e dopo la crisi della pandemia. Quindi in un sentiero che si è fatto strettissimo il principio della diversificazione del…

47:56
costi e della diversificazione, ma non solo in termini di geografici, ma proprio anche di tipo di investimento, che oggi deve per forza secondo me contemplare una parte di quotato e di non quotato. Insomma, un portafoglio che deve essere sempre più completo per poter affrontare le difficoltà che inevitabilmente questo mondo ormai ci porta e ci rappresenta.

48:22
Paolo mi hai fatto venire in mente di condividere con te la profonda convinzione che mi sono fatto negli anni ho fatto tanti anni in una piccola SGR in termini di asset management io credo che il migliore approccio che possa avere un investitore è nella gestione del timing il timing non è preventivabile quindi credo che un atteggiamento molto saggio possa essere quello di rimanere totalmente liquido

48:47
nell’attesa di grande opportunità di investimento, quando si legge sui giornali il crollo delle borse, dei mercati immobiliari, e c’era in quel momento, per un fattore di pura fortuna, perché si è fuori dal mercato, si ha la grande opportunità di entrare. Questo purtroppo però è contro la logica del risparmio gestito che se ragionasse in questa maniera praticamente non riuscirebbe a sopravvivere. Ti chiedo che ne pensi di un approccio un po’ come si può dire naif di questo tipo?

49:15
Io non sarei così d’accordo Vincenzo, perché questo approccio in qualche modo implicitamente prevede il fatto che tu abbia un’idea che prima o poi succede quello che tu stai aspettando, e quindi che valga la pena aspettare. È ciclico, però i cicli possono essere molto lunghi. Io per ovviare a questo approccio, ma al tempo stesso per evitare di avere troppo investito nel momento sbagliato,

49:43
Credo che le persone soprattutto meno sofisticate debbano usare i piani di accumulo, i PAC, che sono uno strumento così semplice da sembrare stupido. Invece io trovo che in finanza la semplicità sia un grandissimo valore. L’idea che tu investi sempre la stessa somma a scadenze prefissate in modo automatico e c’era per un lungo periodo di tempo…

50:07
io credo sia ancora oggi il modo migliore per costruirsi una pensione. Pensione, peraltro, che i ragazzi di oggi farebbero bene a non considerare così scontata, perché i sistemi pensionistici e non solo quello italiano, però in particolare quello italiano, sono abbastanza in difficoltà ed è molto difficile immaginare che si potranno pagare le pensioni che si pagano oggi.

50:36
degno di attenzione, credo che l’approccio che ci hai raccontato del piano di accumulo

50:41
risolva lo stesso problema che probabilmente condivide anche tu che è il timing d’ingresso perché in questo caso con una diversificazione temporale annulli tutte le possibilità d’ingresso sbagliate. Quindi secondo me in modo differente diciamo abbastanza la stessa cosa con l’unica differenza che magari il piano di accumulo ovviamente è una logica di lungo periodo ma mi viene anche in mente che io ho una moglie svedese uno dei detti svedesi è il miglior momento per piantare un albero era 50 anni fa il secondo miglior momento.

51:11
oggi quindi secondo me speriamo che qualcuno colga un po’ l’opportunità di ragionare su in questi termini dunque siamo quasi in chiusura caro paolo ti voglio chiedere giusto un flash fintech e criptovalute come vedi queste due nuove realtà finanziarie legate alla tecnologia sai le crypto sono a mio parere un fenomeno largamente speculativo che continuerà a avere una sua presenza per carità ma

51:39
che è molto figlio della bolla che si è creata in questi nell’ultimo anno, due anni, grazie a tutto quello che sappiamo. Quindi io credo che questo fenomeno è destinato a ridimensionarsi di parecchio, anche se sopravviverà. Perché ovviamente è tutto in mano ai regulators. I regulators possono switchare facilmente con un gesto e impedire la circolazione del crypto, limitarla proprio a piacimento.

52:08
e questo più o meno vorrebbe dire la fine di certi prezzi che vediamo sul mercato. Fintech è tutto un altro discorso, Fintech è molto interessante sotto certi aspetti e va incontro a una disintermediazione del settore bancario in certi rami che secondo me è ben vista anche dalle autorità di vigilanza, quindi Fintech è un mondo secondo me molto interessante. È chiaro che anche questo ha beneficiato un po’ di una…

52:34
di un eccesso di euforia negli ultimi tempi, quindi anche questo forse ha bisogno di una scrematura, però insomma anche il fintech ci sia e rimanga e si sviluppi, non avrei dubbi. Concordo pieno sul fintech, sulle crypto Paolo vedo che sono una tecnologia, almeno da quello che ho letto, non sono un esperto.

52:55
molto utilizzata perché nasce per la totale tracciabilità ma in realtà c’è un totale anonimato. Questo ha ovviamente tanti vantaggi, quando verrà normato forse probabilmente questo grande vantaggio verrà meno e qui non so che futuro potranno avere quindi penso si si allaci un po’ alla tua visione insomma non proprio super ottimista sulle quotazioni delle criptovalute.

53:21
Un’ultima cosa di investimento poi andiamo sul personale proprio come flash ti volevo chiedere hai citato che stai per investire in un’azienda privata o stai valutando una cosa di questo tipo quindi penso che apprezzi il mondo dei private markets e quindi anche il private equity private debt come strumenti di investimento in aziende non cotate mi chiedo vedi un valore dall’illiquidità oppure credi che sia un limite rispetto ai mercati finanziari che ovviamente hanno un prezzo

53:49
definito e anche una valutazione del portafoglio molto più trasparente. Ecco mi racconti un po’ come vedi questo mondo private markets, public markets? Sì, volentieri. Allora l’illiquidità da un punto di vista teorico dovrebbe giustificare uno sconto rispetto ad una cosa liquida. Se io pago 100 una cosa liquida, se una cosa illiquida la dovrei pagare 90, 80. Ma questo si collega al fatto che chiaramente se ho necessità

54:17
dei capitali, la cosa liquida, posso dismetterle in pochi sennò tempo, l’altra rischio di avere un problema. Cosa è successo però negli ultimi anni? Che la volatilità dei mercati, questo continuo scoppio e creazione di bolle, etc., ha di fatto spaventato moltissimo investitori, sia i privati ma sia anche gli istituzionali, anche i maggiori istituzionali, che si sono trovati a gestire di…

54:41
boom e basta, come lo diciamo in inglese, cioè delle cadute, delle risalite folli, senza che ci fosse veramente una, a volte delle motivazioni, le motivazioni ci sono sempre, ma senza che fossero così importanti da giustificare l’uno o l’altra. E quindi l’illiquidità improvvisamente è diventata un valore, perché consentendo di affrontare i cicli senza sto benedetto maledetto nav giornaliero, no?

55:09
senza guardare in continuazione questi movimenti di prezzi un po’ folli, consente all’investitore di essere più tranquillo. Si dice sempre che l’investitore che ha comprato una casa non sa quanto valga ogni minuto, ogni secondo, ogni giorno e questo vale anche per l’investitore in preva debt o in preva equity. Ma dà anche un grande vantaggio al professionista, perché

55:33
nel vortice delle vendite forzate perché i mercati scendono, lui ha i riscatti nei fondi, quindi è costretto a vendere, ha anche aziende bellissime, eccetera, tutto questo non lo vive nel mondo del private equity e del private debt. Quindi questo è il motivo per il quale questi strumenti sono strumenti molto interessanti e peraltro come eletto si stanno prendendo una bella fetta del mercato perché un po’ alla volta il numero di società quotate diminuisce.

56:01
a favore delle società che vengono acquistate dal mondo private. E questo è anche un trend di lungo termine che credo sia destinato a continuare. E concordo pienamente Paolo anche nel ruolo sociale degli investimenti, quindi di dirottare magari le risorse italiane corpose, probabilmente il più grande stock di risparmio europeo nell’economia reale italiana rispetto a una dispersione ne…

56:27
mercati internazionali e ovviamente con il beneficio di avere una

56:32
percezione di volatilità inferiore e quindi magari una maggiore tranquillità per un investimento di lungo periodo. Credo tuttavia che ci sia oggi una grande lacuna perché non c’è un parametro di riferimento del fattore di rischio dei fondi di private equity e immobiliari e di private debt che li renda comparabili. Ora non dico che deve essere una misura tipo VAR come abbiamo nei mercati finanziari o della volatilità o tutti gli altri indicatori di rischio però

57:00
che non ci sia la possibilità di paragonare strumenti similari in termini di rischio, credo che sia oggi un limite molto molto grande anche in un’ottica di gestione di un portafoglio globale tra strumenti quotati e non quotati. Che ne pensi su questo? Penso che tu abbia ragione che c’è una simmetria informativa che però è vantaggio di chi gestisce quei soldi in quel modo. Credo che faranno fatica a rinunciarci. Tra le simmetrie informative, la più importante riguarda la leva finanziaria.

57:30
perché l’ispariatore deve sapere che se fa il 3% della gestione, fa il 10% da un fondo di private equity al leva 5, sta facendo molto peggio nel fondo di private equity che gli ha fatto il 10%. Quindi la leva finanziaria, se dovessi dire, perché poi ci sono una marea di indicatori, di ratios, di strumenti, però quello della leva, se guardi poi la storia dei mercati finanziari, la storia dei disastri dei mercati finanziari,

57:59
basterebbe guardare la leva e stare lontani dalla leva per avere evitato tutte le peggiori tragedie che la strada dei mercati ha vissuto. Non so se l’abbiamo citato anche la trasparenza delle valutazioni cioè nel frattempo che si schiude il fondo e vengono rimborsati gli investitori tutte le valutazioni lasciano un po’ il tempo che trovano a maggior ragione con la leva all’interno quindi credo che abbiamo dato anche in questo caso caro Paolo una rappresentazione

58:27
piuttosto veritiera ai nostri ascoltatori, fermo restando, il fascino di strumenti di questo tipo e ovviamente tutti i vantaggi che abbiamo citato. Però come da nostra immagine nell’iceberg non possiamo non andare a fondo sulle caratteristiche che spesso sono meno evidenti. Paolo, due flash personali, i valori che hanno ispirato la tua carriera? Guarda, etica…

58:50
prima di tutto me la porto dietro dalla mia famiglia, per me è sempre stata il valore, irrinunciabile nelle numerose scelte che poi inevitabilmente un imprenditore si trova ad affrontare. Volere essere indipendente, volere essere lavorare da solo, mettersi in proprio, ne abbiamo già parlato, ma per me diciamo il non dipendere è stato un valore fondamentale a livello di motivazione, non avrei mai fatto quello che ho fatto se non avesse avuto questo fortissimo impulso.

59:18
e senso della condivisione. Ho gestito una partnership ma non a caso, perché io ho proprio questo valore in sito, nel senso che credo veramente al gruppo, credo veramente al fatto che è la combinazione di skills, anche di caratteri diversi che ci porta poi a scalare le vette e questo fa proprio parte un po’ del mio sistema valoriale.

59:44
Grazie Paolo, molto molto bello il messaggio che ci dai. A questo punto mi è venuto una curiosità, ti viene in mente uno sbaglio, un errore da cui hai potuto imparare molto? Ma se dovessi adesso dirtelo, direi, non so, ai ragazzi che cercano lavoro, che vanno a lavorare in azienda, l’errore più grande è stato quando ho accettato di andare a lavorare in Mediobanca. Mediobanca è una bellissima azienda con un fortissimo senso etico, nonostante poi quello che si è scritto negli anni.

01:00:14
un gruppo giovane, però quello che io andavo a fare lì, che era essenzialmente poi intermediazione azionaria con investitori professionali, era un mestiere del tutto secondario, del tutto ancillare rispetto a quello che ovviamente la banca faceva all’epoca, no? Oggi non sarebbe più così, ma all’epoca era un mestiere totalmente secondario. Io credo che quando un ragazzo accetta di andare a lavorare in un’azienda, deve assicurarsi che quello che va a fare per l’azienda…

01:00:43
per i suoi capi, per un imprenditore, per maggiori azioni di se c’era, è cruciale, è vitale, è il cuore di quello sulla quale l’azienda si concentra, perché altrimenti si rischia di rimanere un po’ emarginati anche se uno fa bene, anche se è bravo, ma, diciamo, importa poco e quindi questo poi fu il motivo per cui nonostante il video bank all’epoca fosse un posto stra prestigioso, io me l’andai dopo tre anni e mezzo. Ho percepito Paolo anche che dai…

01:01:11
grande importanza al ruolo del maestro. Ne hai avuto qualcuno fisico, magari qualche lettura a cui sei molto grato per il tuo cammino di vita? Sì, sì, io credo moltissimo ai maestri, credo moltissimo ai mentori. Nel mio libro Uomine e il soldi cito Giubergia, Renzo Giubergia, che è stato un agente di cambio, poi è stato un gestore di fondi, è stato un imprenditore, è stato tante cose. E quello che dico è quello che secondo me

01:01:39
appartiene al vero mentore, non è uno che ti dice quello che devi fare, ma è uno che semplicemente facendo e tu semplicemente guardando, ascoltando, impari. Quindi la vera differenza del vero mentore è che non è che ti dà dei consigli, ma rappresenta un esempio, rappresenta una strada, rappresenta qualcuno a cui tu puoi facilmente fare riferimento e tentare in qualche modo di copiare ed emulare.

01:02:07
In questo senso i mentori sono fondamentali e non bisogna aver paura di appoggiarsi su queste persone perché magari si è troppo orgogliosi o si è troppo arroganti intellettualmente eccetera, perché tutti hanno bisogno di mentori e di mestri. Anche in età adulta direi. Assolutamente sì, assolutamente sì. Io ne uno adesso, che ho un mio amico australiano, un po’ più vecchieto di me, ma con il quale tutte le volte c’è qualcosa con cui voglio confrontare ci sentiamo.

01:02:37
Assolutamente sì, io non credo si smetta mai di aver bisogno di qualcuno che non è che ti guida ma con quale ti confronti che ovviamente devi stimare, devi apprezzare, devi avere un sistema valoriale come il tuo. Chi non ha la fortuna di incontrare persone così speciali la può trovare nella letteratura, quindi c’è uno spazio per tutti coloro che hanno l’apertura mentale a capire che c’è sempre da imparare e magari come dicevi te a essere ispirati da un modello.

01:03:06
Qua si pone il punto un po’ cruciale dei modelli attuali dei nostri giovani, ma magari di questo ne parliamo la prossima volta, caro Paolo. Come flesci i tuoi consigli per i giovani interessati a una carriera come la tua? Complicato, allora perché dare consigli è sempre difficile. No, noi siamo tutti persone molto diverse. Io credo che ovviamente i ragazzi di oggi devono, ripeto quello che ho detto prima, devono sapere che ci vuole tempo.

01:03:35
tempo fondamentale, bisogna fare le esperienze, bisogna fare le esperienze giuste. Noi vediamo solo gli esempi di successo, non ne siamo qui parlando perché c’è stato il successo di Caes, ma come ti avevo detto nel 1999 insieme a noi partirono diverse altre iniziative di cui non si ha più cognizione di causa, quindi questo è uno dei grandi temi dello studiare solo le cose che vanno bene e non di guardare poi tutto il resto che è complicato. Io credo che comunque in Italia ci sia spazio.

01:04:03
Comunque l’Italia è un paese che dove c’è uno spirito, io intanto dico solo imprenditoriale che a volte ha un senso un po’ classista nel nostro paese, però uno spirito d’intraprendenza è molto forte da noi in tutti i settori e quindi si può fare anche in finanza. Non lo si può fare da soli, ce lo siamo detti, quindi anche lì bisogna trovare dei compagni di viaggio con i quali ci si sente di poter affrontare un’avventura e il resto…

01:04:30
appartiene un po’ al fatto Vincenzo e questo è figlio di cose che non riusciamo a controllare. Il cigno nero di Taleb che ho visto anche in termini positivi, no? Quindi l’imponderabilità del futuro. Fermo restando Paolo non so se sei d’accordo che come diceva John Lennon spesso la vita è quello che succede mentre fai altri programmi quindi non so se tu avevi programmato tutto al centimetro oppure hai avuto come immagino tante sorprese.

01:05:00
io volevo fare il medico, quindi pensa che sorprese che ho avuto. Ecco, quindi confermi pienamente il discorso. In chiusura, caro Paolo, noi prevediamo la possibilità di dare, se vuoi, se è piacere, 2-3 bullet point finali, qualcosa che gradisci e rimanga impresta nella mente dei nostri ascoltatori, come messaggio finale. Dipende un po’ da che parte lo vedi. Se lo vedi da un punto di vista del risparmiatore,

01:05:30
A mio parere deve evitare il fight a te, che la tecnologia offre con grande facilità, ma che è molto molto molto difficile ad esercitare, perché la predominanza degli aspetti psicologici su quelli tecnici è fondamentale. Io credo che dotarsi di un buon consulente sia un passo indispensabile. Nel trovarlo questo buon consulente, quello che dicevamo prima, trovare qualcuno che abbia skin in the game, cioè che comunque abbia qualcosa da perdere,

01:05:59
se le cose non vanno bene rispetto a te, è un altro dei punti fondamentali. In generale devo dirti che, come poi ci ha insegnato la finanza comportamentale, bisogna lavorare molto su se stessi. Cioè, io penso che la gente, quando pensa ai soldi, pensa sempre a delle cose molto tecniche, ma dovrebbe sapere che è la pancia che decide il successo o l’insuccesso poi dei suoi risparmi nel lungo termine. E…

01:06:23
Per lavorare sulla pancia bisogna lavorare su se stessi, quindi bisogna imparare a conoscersi. E quindi io per esempio ho utilizzato non solo io, ma anche in squadra, abbiamo utilizzato psicologi, persone che ti possono aiutare su questo fronte. In Italia è sempre vista come quasi una debolezza, ma invece questo è un avimento assolutamente fondamentale in tanti aspetti della vita, anche e soprattutto nella gestione dei propri risparmi. Paolo, mi dispiace che il tempo a disposizione è terminato,

01:06:53
Continuato a lungo a dialogare con te su questi temi così interessanti siamo giunti ai ringraziamenti e saluti finali Come da nostra consuetudine lo facciamo in tre modi il primo

01:07:04
è un ringraziamento a tutti coloro che ci hanno ascoltato. Ricordiamo che possono interagire sempre con noi inviando una mail a segreteria atinsidefinance.it. Se avete delle mail da inviare allo staff di Paolo Basilico, caro Paolo, noi garantiamo la lettura ma non la risposta che sarà solo in funzione dell’interesse e delle priorità del momento. Il secondo ringraziamento va a tutti coloro che hanno reso possibile questa intervista e il terzo

01:07:34
contato così nel profondo una storia di successo ma anche il prezzo che è stato pagato per tali traguardi e per aver condiviso con noi la tua esperienza, i tuoi autorevoli punti di vista ma soprattutto averci dato tre messaggi secondo me fondamentali che sono il coraggio, la competenza e la pazienza. Grazie quindi a Paolo Basilico, un saluto e buon lavoro agli ascoltatori da Vincenzo Marzetti e arrivederci al prossimo episodio.

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