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EXT-L’Evoluzione della Gestione del Rischio in Mediolanum e Visioni sul Futuro del Risk Management.

Stefano BIONDI, Group Chief Risk Officer

Nell’intervista di oggi (in versione integrale – tra gli episodi del podcast è presente la versione ridotta con i tratti salienti) avremo il piacere di ascoltare Stefano Biondi, Group Chief Risk Officer di Banca Mediolanum S.p.A, la banca che ha la sua sede legale a Milano fondata nel 1997 capogruppo del Gruppo Bancario Mediolanum che controlla le società prodotto nei tre settori del business: bancario, assicurativo e del risparmio gestito.

Il nostro ospite possiede una carriera ventennale prima lavorando con JP Morgan, poi a Londra e infine, tornato in Italia nel 2007, ha mosso i suoi primi passi nel mondo di Mediolanum occupandosi di gestione del rischio fino a ottenere il titolo di Group Chief Risk Officer.

Il suo lavoro è sempre stato quello di sottolineare l’importanza del Risk Management in relazione con gli ultimi sviluppi tecnologici, i quali verranno illustrati, nel corso dell’intervista, come fondamenti utili per migliorare la gestione dei rischi e dei rapporti con i clienti, mettendo in evidenza anche l’importanza della figura del Family Banker che, insieme alla tecnologia, hanno aiutato a rafforzare ed organizzare la struttura bancaria contro sia le precedenti crisi che nella recente crisi pandemica.

Proprio evidenziando gli ultimi recenti sviluppi, ci verrà anche illustrato come, nel leggere le fonti per una buona gestione del rischio, si è passati dalla lettura di fogli Excel all’intelligenza artificiale, con competenze specifiche richieste ai nuovi risk manager.

Non mancheranno come sempre spunti e consigli ai giovani e per chi si vuole avventurare nel mondo della gestione del rischio con i consueti Bullet Point Finali in un’intervista da non perdere.

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06:25

Buongiorno agli ascoltatori, benvenuto Stefano e grazie per la tua partecipazione. Stefano, è il quarto appuntamento della serie dedicata al risk management, dopo che abbiamo affrontato il tema della gestione del rischio con Banco Posta, con Creval e con MPS. Oggi parleremo del caso specifico di Mediolanum. Per iniziare la nostra chiacchierata ti farei una domanda di alto livello, quindi che cos’è per te il risk management? Allora, buongiorno a tutti.

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in due parole che cos’è per me risk management? Ma per me fare risk management ha sempre significato trovare la giusta sintesi tra diciamo la comprensione delle esigenze di business e il rispetto della normativa. Infatti se ci concentriamo sulla parola inglese risk management, ok, questa si traduce in italiano con gestione del rischio ma potrebbe anche essere tradotta con controllo del rischio. Grazie Stefano e quindi nella pratica

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All’interno di Mediolanum come la gestione del rischio rientra all’interno delle politiche strategiche della banca? Allora all’interno di Mediolanum, così come mi sentirei di dire in quello che è un processo, il sistema bancario, il processo bancario tipico, il risk management di oggi è come dicevamo prima strategico per l’esecuzione del business. Cioè tu pensa che nel momento in cui viene definito il piano già oggi all’interno di Mediolanum, ma ripeto, in quello che è il processo bancario tipico,

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viene definito il cosiddetto concetto di risk appetite framework, cioè la propensione al rischio. Pensare di avere oggi dei business driver che non siano contemporaneamente visti alla luce della propensione al rischio è impensabile non solo perché lo richiede la normativa, ma perché è una questione di buon senso. Nel momento in cui mi pongo determinati obiettivi vado a valutare coerentemente quali sono i rischi che mi sto assumendo per poter conseguire quegli obiettivi.

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fa parte, rientra in quello che è l’assesment che un qualsiasi imprenditore farebbe nel momento in cui va a valutare la relazione tra rischio e rendimento che c’è nell’attività. Quindi definizione degli obiettivi di business, definizione della propensione a rischio che sono disposto a prendermi per conseguire questi obiettivi, riconcilia della coerenza tra gli obiettivi di business e la mia propensione a rischio e da qui stesura di quella che è la pianificazione strategica e i budget pluriannuali.

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Molto interessante Stefano. Poi a breve entreremo nel merito dei vari temi che hai citato. Nel frattempo ti vorrei chiedere come viene definito l’appetito a rischio e poi come viene declinato all’interno della politica della banca. L’appetito a rischio come dicevo prima è il concetto fondamentale, il concetto fondamentale che viene definito in sede di pianificazione strategica. Ecco mentre una volta il risk management un po’ più tradizionale era forse rinchiuso nella sua torre d’avorio

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ogni tanto interagivano col business, oggi il risk management non si può più permettere questo lusso. Quindi l’interazione col business è costante e l’interazione con la funzione del CFO, del Chief Financial Officer, in questo caso è fondamentale. Nel momento in cui viene definito appunto il piano, vi è un’interazione con l’area finance, col Chief Financial Officer, per trovare appunto quella coerenza tra quelli che sono gli obiettivi del business e quelli che sono i limiti di rischio in base appunto

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alla tipologia di rischi che si intende assumere, entro i quali ci si vuole muovere. Grazie Stefano per averci introdotto tematiche comunque complesse in maniera così semplice e anche facile da capire. Quindi a questo punto siamo pronti per raccontarci la tua avventura in Mediolanum, quindi come sei arrivato a essere il CRO del gruppo e quali sono le maggiori sfide che hai dovuto affrontare?

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Allora io ho avuto un percorso un po’ particolare, un po’ sui generis. Innanzitutto, comincio col dire che Banca Mediolanum è la prima banca italiana per cui ho lavorato, perché in realtà io nel momento in cui mi sono laureato ho cominciato a lavorare per JP Morgan prima a Milano e poi…

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Dopo neanche un anno circa sono stato trasferito, mi sono trasferito negli uffici di Londra in qualità di Junior Risk Analyst e da lì poi per più di dieci anni non sono più rientrato in Italia, ho lavorato prima per JP Morgan, poi ho lavorato per ABN Ambro sia a Londra che ad Amsterdam, poi sono tornato a Londra e ho lavorato per Standard Bank of South Africa, insomma in ruoli più o meno sempre collegati al risk management.

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in alcuni casi trading credit risk management, quindi il rischio di controparte, in altri casi il portfolio risk management, ma insomma sempre nell’ambito del risk management. Quali sono le principali sfide che hai dovuto affrontare al tuo arrivo? Ma allora guarda devo dirti che con più di vent’anni di esperienza in questo ruolo mi è capitato di vivere alcuni momenti…

11:11

molto molto importanti. Se penso al lavoro come risk analyst, come junior risk analyst sul trading floor di ABN Ambro quando ci fu l’attacco alle torri gemelle l’11 settembre del 2001 con tutte le conseguenze che ebbe sui mercati finanziari in termini di volatilità. Per non parlare degli eventi più recenti, il default di Lehman Brothers nel 2008, la crisi dei debiti sovrani nel 2011, momenti importanti per chi fa questo tipo di mestiere. Ma più in generale il quadro regolamentare.

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che in qualche modo guida il nostro operato, ha subito negli anni pesanti cambiamenti e l’attenzione nei confronti di tematica appunto di risk management è aumentata notevolmente negli ultimi anni. Ricordo ancora quando nel 2007, appena arrivato in Banca Mediolanum, mi sono trovato a dover mettere in piedi da zero il processo Icaap, per esempio.

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ma potrei citarti quanto fatto in tema di rischio di liquidità e rischio di tasso piuttosto che il recovery plan, altro requisito normativo introdotto dalla BRRD, la direttiva sulla Bail in, sulla recovery delle banche in anni più recenti. Insomma se fai risk management oggi sicuramente non ti annoi e così come non mi sono annoiato negli ultimi vent’anni. Stefano, poi hai citato vari casi di crisi importanti

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e ancora non hai citato la pandemia dello scorso anno e quella tuttora in corso; quindi, ne approfitterei per chiederti come ha reagito Mediolanum in questa crisi che ha difficili collegamenti con le crisi precedenti che erano di tipo finanziario più che sanitario.

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Sì, esatto, hai detto benissimo, le crisi precedenti erano crisi che rientravano in schemi abbastanza standard, e quindi tutti noi sapevamo bene o male come gestirle. La crisi pandemica invece è stata una crisi a livello quasi operativo per le banche e ha comportato una forte riorganizzazione. Pensiamo al lavoro da remoto del personale piuttosto che all’attività dei nostri consulenti finanziari, dei nostri family bankers.

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L’adozione e la diffusione di strumenti digitali ci ha aiutato molto e ha permesso di riorganizzarci molto rapidamente. Se penso all’attività del risk management, la remotizzazione dell’intero ufficio è stata completata nel giro di meno di due settimane. Anche in questo la tecnologia già presente nei nostri processi ha aiutato a rendere il passaggio senza alcuna interruzione di servizio. Stefano, nelle nostre interviste, ovviamente visto il taglio finanziario del podcast,

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Diamo enfasi alla gestione del rischio di credito e dei rischi di mercato. Però è anche vero che sotto la tua responsabilità ci sono anche i rischi operativi. Quindi, ecco, ti chiederei un accenno, magari se vuoi raccontarci una storia di rischio operativo su come è stato gestito, come è stato evidenziato, come è stato monitorato. Non so, magari il cyber risk derivante dallo smart working potrebbe essere un esempio abbastanza sfidante.

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Allora guarda sicuramente vi è oggi un’attenzione ai rischi operativi anche perché la famiglia dei rischi operativi è piuttosto ampia, cioè mentre una volta diciamo che gli eventi di rischi di solidità operativa erano abbastanza ben codificati nei cosiddetti event type di Basilea, oggi nella famiglia dei rischi operativi rientra

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Tanto di tutto di più penso appunto come hai giustamente citato tu il rischio IT, il rischio cyber, il rischio legato alle esternalizzazioni, all’outsourcing, il fenomeno che è stato appunto normato da regolatore in quanto molto diffuso, il rischio di usare il cloud per esempio. Ecco sicuramente la cosa che hai citato tu, il rischio IT, è una delle priorità assolute per quanto riguarda la mia azione, la nostra azione, ha riguardato la nostra azione in questi anni. Proprio perché

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per effetto del smart working, del remote working che si è andato ad implementare a seguito della pandemia, abbiamo dovuto porre molto più attenzione a tematiche di sicurezza, non soltanto per i dipendenti, ma anche nei rapporti con la clientela per garantire appunto un adeguato presidio contro una serie di potenziali minacce e attacchi che come vedete.

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tutti noi ha avuto modo di leggere sui giornali, sono diventati molto più diffusi rispetto prima. È sicuramente uno dei temi più rilevanti anche nell’agenda del regolatore, che ha posto molta enfasi e molta attenzione a tutti i presidi di controllo sul rischio IT e sulla cybersecurity, molto di più rispetto a quanto faceva prima, dove tradizionalmente si è sempre concentrati, come ricordavi giustamente, sul rischio di credito piuttosto che sui rischi finanziari più tradizionali.

15:42

che poi il grande tema del momento è anche il climate change, risk e poi tutte le implicazioni che hanno anche nella gestione del rischio di credito collegato. Proprio per questo, infatti, ti chiederei un aggiornamento sui lavori in corso in tema ESG che è un po’ il tema di maggiore rilevanza di questi mesi.

15:58

Assolutamente. Davvero fare risk management oggi vuol dire occuparsi di rischi a 360 gradi, rischi che fino a qualche tempo fa non ci sarebbero realisticamente, onestamente non ci sarebbero neanche venuti in mente, tipo il rischio climatico, appunto, tutte le tematiche legate all’ESG. Ovviamente anche noi come Banca Mediolanum, sia…

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come banca quindi con attività bancaria diretta sia in qualità appunto di asset manager quali siamo, di asset gatherer, siamo molto impegnati con progettualità varie proprio sul tema dell’ESG e sul tema del climate risk. E quali sono gli altri temi di grande attualità su cui state lavorando in queste settimane? Allora, come diciamo prima, sicuramente il rischio climatico, ma non solo. Il rischio IT e il rischio cyber rappresentano una assoluta priorità, ma non solo questo. Pensiamo…

16:46

al ruolo delle società fintech e delle opportunità che queste comportano per andare a rendere i modelli previsivi che si usano anche banalmente su rischi più tradizionali quali il credito.

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per renderli più predittivi, più performanti. Si pensi alla frontiera, per esempio, dei modelli di scori in creditizio dove, per esempio noi con l’aiuto di realtà fintech, in questo momento stiamo esplorando la possibilità di modellizzare i dati social piuttosto che la digital footprint, cioè la modalità con cui il cliente utilizza il proprio device digitale, il proprio telefonino, piuttosto come fa acquisti su Amazon, piuttosto che se ha un abbonamento Netflix. Ciò sono tutti i dati che

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ad oggi non vengono utilizzati dei modelli di scoring intradizionali, ma che in futuro contribuiranno a definire se un cliente è un buon pagatore o meno, anche in assenza magari di un dato di credit bureau e di una storia creditizia tradizionale. Si pensi ai giovani che oggi non hanno magari un conto corrente bancario tradizionale e quindi è più difficile fare un assessment del proprio merito creditizio. Quindi queste sono tutte tematiche su cui oggi stiamo lavorando attivamente.

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Poi Stefano hai citato il fintech a cui diamo grande attenzione nel nostro podcast, ma collegato credo anche il tema dell’open banking, quindi volevo chiederti se c’erano dei lavori in corso anche con il vantaggio di cui abbiamo parlato con Nicastro della possibilità di analizzare i flussi di casse e non dover aspettare magari i bilanci delle aziende e quindi dare una visione molto più aggiornata dei conti aziendali. State lavorando su qualcosa di questo tipo?

18:21

Assolutamente sì, ma ti dico di più, l’open banking è qualcosa che ad oggi è entrato a far parte della quotidianità, cioè è entrato a far parte del toolkit che il risk management di una banca come la nostra utilizza per valutare il merito creditizio del prenditore. Si pensi che nel processo, per esempio, di erogazione di prestiti unsecured che noi abbiamo, uno dei flussi che noi abbiamo per poter valutare appunto il merito creditizio della nostra

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dai dati transazionali che la PSD2 ci ha permesso di utilizzare. Grazie Stefano, e altro tema, se non sbaglio, siete molto evoluti nella gestione del rischio di credito, ti va di raccontarci qualche particolarità della vostra banca che magari va anche oltre quello richiesto dalla normativa? Certo, volentieri. Sicuramente abbiamo implementato tutta una serie di modelli di scoring che utilizzano, come dicevamo prima, tutte le informazioni disponibili e derivanti anche

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magari dal mondo PSD2, quindi dell’open banking, ma non ci siamo fermati lì. Pensare di fare risk management oggi, senza abbracciare tutte le nuove tecnologie disponibili, è un’idea falimentale, non si può più pensare come poteva essere una volta fare risk management con il foglio Excel e pochi dati. Oggi la mole di dati da analizzare è enorme e le tecniche per analizzarle sono molto sofisticate. Quindi Stefano viene spesso nominato il ruolo fondamentale della tecnologia in ambito gestione

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ma ne approfitterei anche della tua esperienza internazionale per raccontarci un po’ in base alla tua storia come hai visto evolversi la gestione del rischio, quindi dai modelli Excel all’intelligenza artificiale degli ultimi tempi. Ecco ti va di raccontarci un po’ come hai visto evolversi il risk management e poi vorrei tendere a come vedi un po’ la prossima frontiera. Sì, volentieri allora.

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Una volta, come dicevamo prima, ci si doveva preoccupare fondamentalmente di rischio di credito e in alcuni casi rischio di mercato piuttosto che rischi operativi. Oggi una moderna funzione di risk management ha responsabilità su un ventaglio molto ampio di rischio, penso alla liquidità, a rischio IT, che abbiamo già citato, a rischio di outsourcing, ai rischi reputazionali, ai rischi legati al pricing di prodotti o agli attivi di bilancio, ai modelli di scoring. Insomma, le competenze richieste oggi.

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per fare Risk management sono molto diverse e la cosa interessante è che prescinde dalle dimensioni dell’intermediario. E a tuo parere quali sono i limiti oggi o comunque le prossime frontiere? Perché il dubbio che mi verrebbe è quello che modelli molto evoluti di intelligenza artificiale danno chiaramente l’input e anche l’output, ma spesso sono un po’ delle black box di difficile interpretazione.

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Non credi che la grande sfida sia anche capire bene l’algoritmo e la capacità anche insomma di poterlo replicare, ipotesi di benchmarking ecco come vi state muovendo in questo ambito? Credi che ci sia qualche rischio che delle black box possano essere poco chiare nella modalità di analisi dei dati?

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È un tema sicuramente prioritario, un tema molto importante, è un tema che tra l’altro sfocia in questioni etiche, perché nel momento in cui si usano algoritmi, soprattutto algoritmi unsupervised, cosa che noi non utilizziamo in questo momento, per definire il merito creditizio di un prenditore si sfocia davvero in tematiche anche di carattere etico. Allora, ad oggi si sta lavorando tanto e abbiamo fatto davvero tanto lavoro ed è uno delle tematiche principali.

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all’attenzione dell’industria, se vogliamo, è proprio quella di andare a spiegare quello che merge i risultati di modelli complessi quali appunto i modelli basati su tecniche di machine learning. Per quanto ci riguarda, ripeto, non utilizziamo modelli unsupervised, quindi sono tutti i modelli che in qualche modo hanno, diciamo, una supervisione, fammi dire anche da parte di esseri umani, e quindi nel caso nostro i risultati sono ampiamente piegabili in ogni passaggio del

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però è ovvio che con l’evoluzione della tecnologia quello che si sta cercando di migliorare è proprio questo aspetto per poter arrivare ad utilizzare magari algoritmi ancora più sofisticati che però siano sempre completamente trasparenti e completamente spiegabili. Senti Stefano tornando invece alla discrezionalità soprattutto per lo small business che credo sia comunque una fascia di mercato importante perché insomma accumulando tutto lo small business stiamo parlando più o meno della metà del PIL italiano

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Credi ci possa essere una maggiore autonomia da parte del direttore della filiale? L’abbiamo affrontato a livello di relazione con il cliente. A un livello più alto, credi che oggi si sia un po’ persa la discrezionalità del direttore di filiale? Pensi che sia una buona cosa? Oppure credi che in futuro magari anche con un maggiore grado di specializzazione, anche dei professionisti, possa essere utile a livello locale

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una funzione un po’ più autonoma in determinati ambiti decisionali. Ma guarda, se guardo al mondo bancario tradizionale, ciò che è successo anche in passato, da un lato dico è sicuramente una cosa buona il fatto che vi siano dei processi decisionali accentrati dei modelli che garantiscono una certa oggettività alla decisione. Detto ciò, però, ritorniamo a quanto dicevamo prima sugli aspetti qualitativi. Vi sono determinati aspetti che un modello…

23:48

di scoring ha centrato magari non riesce a cogliere. Lì il direttore di filiale, nel caso delle banche tradizionali, il nostro family banker, che è equiparabile ad un direttore di filiale per quanto riguarda il nostro modello, può sicuramente dare del grosso valore aggiunto attraverso appunto quella conoscenza del cliente che il modello magari non riesce a cogliere. Diciamo che

24:09

probabilmente la risposta giusta sarà davvero nel mezzo nel cercare di bilanciare quelle che sono le esigenze di oggettività e di rigore date da un modello più quantitativo e più accentrato e agli aspetti qualitativi e di fine tuning a questo modello che la relazione gestita necessariamente dal family banker dal direttore di filiale può assicurare.

24:30

Prima di entrare nella parte un po’ personale e filosofica, caro Stefano, ti volevo chiedere un’ultima curiosità. Hai parlato del fintech, se ho ben capito, più come qualità dei dati di analisi che vengono magari supportati da tecnologie esterne e snelle ed evolute. Ma mi chiedo invece delle partnership che possano servire dei segmenti di clientela per voi un po’ troppo cari onerosi da accontentare.

24:57

vedi ci possano essere degli sviluppi tra fintech e banca e quindi delle partnership come avviene in molte realtà anche internazionali e come vedi la gestione del rischio in quel caso.

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Allora guarda come dicevo prima noi siamo abbastanza aperti in termini di mentalità a collaborare e utilizzare l’expertise presente in determinate fintech e potrebbe esserci in futuro la possibilità di utilizzare fintech su determinati segmenti. Per quanto riguarda la gestione del rischio vi è un tema molto molto importante che è appunto

25:32

nel bene o nel male, normato da quella che è la tematica della gestione del rischio terze parti che la BC e la Banca d’Italia impongono alle banche. Cioè nel momento in cui io decido di dare in outsourcing, che sia una fintech o che sia anche solo un back office, a qualcuno.

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una attività che è considerata, a maggior ragione se è considerata una funzione essenziale importante, come vengono definite, le cosiddette FEI, io devo avere al mio interno tutta una serie di processi di controllo, di KPI, di SLA, di aderenza contrattuale, devo avere delle exit strategy predefinite, etc., che mi garantiscano che nel momento in cui dovesse intervenire delle situazioni di difficoltà

26:11

dell’outsourcer piuttosto che dove si decide di re-internalizzare l’attività io posso farlo in qualsiasi momento. Quindi su questo c’è poco da dire se non la normativa ci viene in aiuto avendo normato in maniera molto prescrittiva quanto è necessario fare in termini di risk management nel momento in cui si decide di usare i servizi di una terza parte. Stefano, a livello personale il lavoro prende gran parte della nostra giornata e sicuramente influenza anche la nostra vita privata.

26:41

Come le tue competenze nella gestione del rischio pensi ti siano utili nella vita di tutti i giorni? Domanda molto interessante, probabilmente mi sono utile nella negoziazione costante che ognuno di noi deve avere con la propria consorte, con i propri figli.

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Concordo Stefano considera che mi piace pensare al risk manager in termini molto ampi perché ecco la mattina quando allacciamo la cintura di sicurezza o la sera quando mettiamo l’antifurto alla fine siamo il risk manager della nostra famiglia quindi spesso se o me la figura della gestione del rischio non è intesa in maniera così ampia quindi credi che le competenze all’interno di una grande organizzazione le specifiche attività di gestione rischio ti siano utili anche nella tua attività privata.

27:26

So ad esempio che sei un maratoneta quindi mi chiedo se la resistenza è una qualità che viceversa ti è stata utile nel lavoro. Direi di sì, molto spesso tendo a fare questo parallelo tra il training che uno fa, l’allenamento che uno fa per la corsa, per il running, per la maratona in particolare, che è uno sport di endurance, di resistenza e le qualità necessarie per poter svolgere il lavoro di risk manager in una grande banca quale può essere Mediolanum. Ci sono sicuramente delle affinità.

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tra le due attività, ma alla fine sia per quanto riguarda l’attività da maratoneta, sia per quanto riguarda l’attività da risk manager, penso che i valori che ti debbano in qualche modo guidare siano gli stessi traslati su due ambiti diversi. Se penso al lavoro penso alla professionalità, se penso all’allenamento penso alla

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costanza nell’allenarmi e nel seguire, per esempio, determinati schemi, determinate tabelle. La coerenza che è necessaria sul lavoro è necessaria altrettanto nel momento in cui ti alleni per una gara come la maratona, dove non puoi pensare di partire ad un passo e arrivare ad un passo diverso, perché magari non sei allenato per quel passo e quindi non hai nelle tue gambe quel tipo di sforzo. Quindi la coerenza a lungo tutto il percorso e poi il rispetto per te stesso e per gli altri.

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che tendo ad applicare sia nel mondo del lavoro sia nel momento in cui faccio sport.

Sì perché poi lo smart working ci ha sempre dato un’idea di una maggiore interazione tra vita privata e vita professionale e questo credo che sia a grande vantaggio dell’autenticità, credo che il manager del futuro sarà sempre più autentico e sempre più simile nella vita lavorativa e in quella privata. Sei d’accordo che nei tempi passati c’era un po’ questa trasposizione tra le due

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fanno perdere un po’ di autenticità perché uno si chiede ma qual è quello vero quello privato o quello professionale? Quindi mi piace molto approfondire questi temi per far capire poi la persona che sta dietro al manager e quindi anche le sue doti genetiche che vengono poi messe a sistema. Proprio per questo mi permette di introdurre la domanda su cosa consiglieresti ai giovani che sono interessati a una carriera nel risk management e nel settore bancario. Ma allora, secondo me, oggi il risk management è diventato

29:45

come dicevamo prima centrale sia in una banca, sia che si voglia lavorare in una banca, ma sia che si voglia andare a lavorare in realtà fintech. Quindi una carriera nel risk management potrebbe rappresentare un percorso interessante per avere un quadro a 360 gradi della realtà aziendale, di una qualsiasi realtà aziendale.

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cosa consiglierei ad un giovane che vuole approcciarsi a questo tipo di percorso? Beh, sicuramente la scelta di una buona università e la scelta di un percorso quantitativo. E ci sono delle competenze particolari nella figura del risk management che oggi faticate a trovare, anche consiglio per i più giovani che ci ascoltano. Allora, oggi il risk management di Banca Mediolanum ricerca, se penso alle ultime posizioni che abbiamo appunto coperto,

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ricerche a competenze di data analysis e di programmazione molto molto sviluppate. Quindi…

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Il candidato ideale ha una laurea in matematica, in fisica, piuttosto che in economia, ma con un focus quantitativo molto forte. Magari perché no? In alcuni casi non guasta un postgraduate in materie economiche. Ripeto, la complessità e la mole di dati che ci troviamo a gestire nel quotidiano richiede un uso sapiente della tecnologia; quindi, anche una mentalità molto aperta rispetto alle nuove tecnologie e competenze di analisi che forse una volta erano considerate un po’

31:04

più secondarie oggi sono un must. È necessario poi sapere estrarre valore dai dati a disposizione, quindi quella capacità di analisi e di discriminazione appunto di cui parlavo prima. Stefano siamo aggiunti alla conclusione del tempo che abbiamo a disposizione, peccato perché la chiacchierata era estremamente interessante. Nel nostro format prevediamo la possibilità di dare due tre messaggi conclusivi e riepilogativi di tutta l’intervista che gradisci

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possano rimanere impressi ai nostri ascoltatori. Ne hai 2-3 bullet point da lasciarci? Volentieri, guarda, se devo sintetizzare in 3 bullet quello che ci siamo detti, la piacevolissima chiacchierata che abbiamo fatto, ti direi innanzitutto che il risk management è strategico, è sempre più inserito nei processi decisionali della banca, sia per la sua…

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importanza nell’assicurare appunto la compliance normativa, sia per le professionalità e competenze presenti nei suoi ranghi, che gli permettono di rappresentare appunto un valore aggiunto nei processi di business. Il secondo bullet è il seguente, fare risk management oggi vuol dire fare enterprise risk management, quindi analizzare rischi diversi che vanno dai più tradizionali fino ad arrivare a rischi quali rischio climatico, rischio IT, rischio cyber. E questo implica la presenza di competenze molto diversificate, è un background tecnico molto sviluppato.

32:23

appunto negli operatori che decidono di fare risk management. La capacità di, come dicevo prima, di analizzare dati e input provenienti da fonti diverse anche non codificate e queste competenze necessarie per questo tipo di analisi sono un requisito oggi fondamentale. Caro Stefano, siamo giunti ai ringraziamenti e saluti finali, come da nostra consuetudine lo facciamo in tre modi. Il primo ringraziamento va a tutti coloro che ci hanno ascoltato.

32:48

Ricordiamo che possono sempre interagire con noi inviando una mail a segreteria@insidefinance.it. Caro Stefano, noi garantiamo sempre la lettura ma non la risposta che sarà in funzione dell’interesse delle priorità del momento.

33:03

Il secondo ringraziamento va a tutti coloro che hanno reso possibile questa intervista e questo episodio. E il terzo maggiore ringraziamento va a te, caro Stefano, per il tempo che ci hai dedicato, per gli importanti spunti di riflessione, per questo viaggio che abbiamo fatto insieme all’interno del risk management che parte da una visione internazionale per poi arrivare a risk management di una banca importante come Mediolanum che sta anche facendo il salto di qualità nei prossimi mesi.

33:29

Un saluto e buon lavoro da Vincenzo Marzetti e arrivederci al prossimo episodio.

33:50

Grazie per l’ascolto di questo episodio. Per i vostri suggerimenti e per eventuali collaborazioni o sponsorizzazioni potete inviare una mail a segreteria@insidefinance.it In alternativa, potete commentare con le vostre riflessioni e punti di vista le tematiche trattate nel podcast nella pagina LinkedIn di Inside Finance.

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