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Cambiamento climatico e transizione energetica, le sfide verso la sostenibilità.

Intervista a Carlo Papa, Direttore di Enel Foundation

L’intervistato che avremo il piacere di ascoltare oggi è Carlo Papa, Direttore di Enel Foundation.

Vi anticipiamo che il suo spirito ottimista e idealista, che non mancherà di emergere in tutto il suo vigore, sarà una carica di energia per tutti gli ascoltatori.

Inizieremo con la storia di Enel Foundation, dall’aprile 2015.

Enel Foundation è un’organizzazione non-profit, incentrata sul ruolo cruciale dell’energia pulita prodotta e distribuita per garantire un futuro sostenibile per tutti.

Anche grazie al Programma di collaborazione con le Università, World Energy for University We4U, Fondazione Enel lavora a programmi di ricerca e formazione sui temi dello sviluppo sostenibile e della transizione energetica.

Papa ci spiegherà che la rivoluzione tecnologica influenza i continui e spesso repentini cambiamenti sistemici, permettendo ad attori lungimiranti di essere reattivi e anticipare le tendenze, sfruttandole a proprio favore e guidando il cambiamento a beneficio di tutti gli stakeholder.

I giovani, molto a cuore al nostro illustre ospite, saranno poi i destinatari dei consigli preziosi che troverete a fine intervista.

Chiuderemo con i rituali punti chiave enucleativi di tutta la chiacchierata e con gli indispensabili consigli ai manager, imprenditori e consulenti italiani.

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Buongiorno gli ascoltatori e benvenuti al podcast Inside Finance. Ho il piacere oggi di intervistare Carlo Papa, Managing Director di Enel Foundation. Nato a Palermo nel 1971, Carlo ha un MSc in Economics, un PhD in Management Engineering e un Trium MBA derivante da una partnership tra NYU Stern, London School of Economics e HEC di Parigi. Ha iniziato la sua carriera professionaria in IBM Irlanda e UK.

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Assunto da Enel Distribuzione nel 1997, l’anno seguente è stato inserito nel Corporate Strategic Planning Department dell’azienda. Ha fondato e co-gestito il Fondo di Corporate Venture di Enel, il maggiore in Europa che al tempo aveva 500 milioni di dollari under management. Ha guidato lo sviluppo della business practice in Russia e Ukraine e coordinato la pianificazione, organizzazione e lo sviluppo del team di risorse umane nella divisione di mercato e nell’ufficio di presidenza.

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più recentemente ha svolto il ruolo di Chief Innovation Officer di Enel Green Power. Attivamente coinvolto quale Fellow di Anspen Institute, del German Marshall Fund of United States, coopera con le attività umanitarie di Mentors4You.com e HarambeAfrica.org, nel ruolo di Presidente dell’Advisory Board. Dall’aprile 2015 riveste il ruolo di Managing Director di Enel Foundation.

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La Fondazione Centro Studi Enel è un’organizzazione no-profit indipendente fondata dal Gruppo Enel che si occupa di iniziativa al supporto della transizione energetica globale, verso un futuro sempre più sostenibile. Attiva a livello globale, la Fondazione Centro Studi Enel rappresenta inoltre una piattaforma scientifica di ricerca che coinvolge nei propri studi i più importanti attori della comunità imprenditoriale.

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Per le sue attività di ricerca e formazione nell’ambito energetico, la fondazione Centro Studi Ener si avvale di partnership con alcune delle più importanti istituzioni accademiche e centri di ricerca in Italia e all’estero.

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Benvenuto quindi a Carlo Papa e grazie per la tua partecipazione. Carlo, è in apertura di un anno particolare dopo un 2020 che probabilmente rimarrà alla storia. Credo che le vicissitudini che abbiamo visto in termini economici e sociali derivino da un fattore ambientale, in questo caso microbiologico, e abbiamo visto come un fattore ambientale di questo tipo possa avere degli sconvolgimenti così profondi nella vita delle persone,

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derivano sul piano economico. In apertura della nostra intervista visto che parleremo di ambiente, come è andato il tuo 2020 e anche per Enel Foundation e come vedi le nuove prospettive per il nuovo anno?

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Grazie mille per avermi invitato e grazie per questo interessante dibattito. Io direi che inizierai dai nel Foundation. Le attività sono andate particolarmente bene per un motivo che abbiamo individuato nella maggior voglia e necessità di collaborare tra istituzioni di ricerca e formazione. Probabilmente questo stop che ci ha costretti tutti a fare le cose in modo diverso ci ha anche portato molto più vicini a quelli che hanno voglia di risolvere il problema.

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Quindi abbiamo trovato nuove collaborazioni, abbiamo trovato nuovo interesse per alcune delle nostre ricerche e siamo riusciti a implementarlo. È chiaro che facciamo un lavoro particolare, mentre chi deve fornire l’energia elettrica e produrla tutti i giorni ha dei problemi diversi dal nostro, che facciamo un lavoro odesto. Però direi segnatamente, grande collaborazione e grande voglia di unire le forze. Da un punto di vista personale, io festeggio fra una settimana, un anno.

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di stare insieme con la mia famiglia perché è un anno che non facciamo trasferte e che non siamo impegnati in attività internazionale.

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Quindi Carlo, direi insomma, sconvolgimenti non indifferenti. Penso che conoscendoti vedrai anche il lato positivo di questi accadimenti, delle novità che si presentano adesso nel panorama nazi Poi andremo magari a fondo sulle collaborazioni che avete attivato, che è sicuramente interessante. Ma tanto per partire, ci racconti la storia di Enel Foundation.

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Si, Fondazione Enel nasce qualche anno fa e subisce diciamo una trasformazione sostanziosa e sostanziale cinque anni fa, quando abbiamo deciso di orientarla alle attività di ricerca e formazione di una ricerca scientifica a supporto della transizione energetica e di alcuni selezionati programmi di formazione dedicati a

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figure delle più varie, dai studenti di dottorato delle università africane interessati alla transizione energetica alle persone più senior di autorità di regolazione e di politiche che sono coinvolte, sono all’apice delle decisioni della transizione energetica. Questo perché crediamo che nonostante il dibattito sul cambiamento climatico e della transizione energetica, alle volte prenda dei risvolti ideali, dei risvolti teorici in cui c’è

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passione ma poca scienza, sia importante approcciare questi problemi che ci trovano tutti sullo stesso piano e tutti a beneficiare nel caso in cui li risolviamo adeguatamente vanno risolti con la scienza. Quindi Fondazione Enel ha l’obiettivo di compenetrare quella che ne occupiamo esperienza sul campo, esperienza sul campo nella produzione e trasformazione di distribuzione di energia elettrica con la scienza delle università e delle accademie e abbiamo visto che questo mix

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funziona bene nell’erogare corse di formazione, funziona bene nel produrre ricerche che propongano delle soluzioni concrete ai problemi molto concreti che ha questo nostro mondo. Questo il tutto all’incrocio fra gestione delle infrastrutture, cambiamento climatico e finanza sostenibile.

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Grazie Carlo, ma volevo chiederti per coloro che come me non sono così dentro la materia, puoi spiegarci bene il tema della transizione energetica, da dove è partito, dove è arrivato, dove stiamo andando su questo argomento?

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Possiamo spiegare così o lo possiamo condividere così. Ci sono due fenomeni che caratterizzano questa situazione, ma catereziamo anche lo scorso anno. Solo che con la crisi del Covid abbiamo avuto come una grande, ora siamo tutti abituati a fare le conference call in Zoom, abbiamo avuto un grande zoom in, un effetto di lente di ingrandimento su due caratteristiche della nuova normalità che ci circonda. La prima è il cambiamento climatico.

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Il cambiamento climatico che non è più teorico, non è più un dibattito fra scienziati, ma tutti ci stiamo accorgendo che esiste, è vero, sta diventando sempre più aspro, al punto di poter dire che quei fenomeni, diciamo, meteorologici, che un tempo definevamo estremi e eccezionali, sono ormai soltanto estremi ma non sono più eccezionali.

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Questa è una cosa che dobbiamo tenere tutti a mente, perché siccome abbiamo avuto buone notizie la scorsa settimana dagli scienziati del cambiamento climatico per…

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se riuscissimo veramente a orientare il nostro mondo verso un’impronta più leggera sul pianeta potremmo evitare molti danni ancora più ampi al cambiamento climatico è importantissimo tenerla a mente perché nell’operatività di ciascuno di noi possiamo affrontare nuovi rischi e possiamo avere anche delle opportunità di affrontarli senza molti danni. Il secondo elemento di questa nuova normalità

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e appunto quello che possiamo definire la transizione energetica. Detto in breve la confluenza di disponibilità di tecnologia a basso costo per la produzione di energia elettrica che non hanno impatti sul pianeta e contemporaneamente un conseguente alle volte ma anche indipendente andamento dei prezzi dei combustibili fossili

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molto variegato. Non dimentichiamo che abbiamo appena terminato un anno in cui per la prima volta nella storia abbiamo raggiunto prezzi del petrolio negativi. Questo chiaramente ha tutta una serie di cause con cause, però è importante ricordarci che quello che una parola ci deve richiamare è la transizione energetica e il tema di equilibrio. Probabilmente ci stiamo muovendo da un equilibrio basato sulle fonti fossili che ha caratterizzato

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che abbia un approccio più compatibile e meno impattante sul nostro pianeta, specialmente nella produzione e distribuzione di energie.

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Grazie Carlo, ti volevo chiedere per dare un’idea ai nostri ascoltatori del contributo economico dell’impatto ambientale, ci puoi fare qualche esempio che va oltre i rischi di sopravvivenza del genere umano o l’impatto sulla vita e la natura sul pianeta, ma ci sono degli esempi proprio di impatto economico derivante dal cambiamento climatico?

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Certamente, la domanda è più che opportuna perché non dobbiamo fare come dicevo una scelta di cuore ideologica, anche se alcuni di noi l’hanno fatta ed è apprezzabilissima di salvare il pianeta. Sappiamo tutti questi ragazzi che vanno per strada a protestare, a fare pressione perché si raggiungono gli accordi sui cambiamenti climatici. E’ una cosa importante e sacrosanta, ma non stiamo parlando soltanto di idee di alcuni idealisti.

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che hanno avuto un escalation, un aumento di più di tre volte nel corso dell’ultimo ventennio. Quindi oggi possiamo dire che non ci sono settori della nostra economia e della nostra vita, compreso la sanità, che non siano impattati dal cambiamento climatico e dove impatti, per impatti possiamo leggere o maggiori costi e o riduzione del valore dei beni che producono servizi per la nostra comunità.

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Ti faccio solo un esempio, le malattie correlate al cambiamento climatico sono aumentate in maniera esponenziale e non è un caso se il virus che attanaglie il nostro mondo colpisce le fasce più deboli della nostra società e le aree più inquinati della nostra società. Quindi il virus si è andato a incastrare in una fragilità intrinseca determinata proprio al cambiamento climatico che, come giustamente ricordavi tu, ha un valore economico.

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deve essere presa in considerazione nelle scelte politiche, nelle scelte di business, perché in quanto valore economico potrebbe ridurre o diminuire sostanzialmente o azzerare impatti positivi di attività produttive o attività di servizio.

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Credi che ci sia l’attenzione adeguata da parte dei policy makers? Vedi delle novità, un trend positivo al riguardo? Oppure credi che siamo ancora molto indietro nell’affrontare la tematica?

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Allora, il fatto che l’amministrazione americana nelle prossime 72 ore abbia fra le prime priorità l’emanazione di un dispositivo che li riporti dentro il negozio del cambiamento climatici, mi sembra che ci possa far dire che a livello di policy making…

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una presa di coscienza della realtà. Quello che è importante però nel policy making non è soltanto la presa di coscienza della realtà ma anche la risoluzione di quei dettagli che non sono assolutamente banali nel far divenire poi le policy delle regolazioni e delle leggi che impongano o comunque spingano verso una transizione energetica adeguata. Questo perché se immaginate che i prezzi

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stanno aumentando costantemente. D’altro canto, per esempio, gli standard costrutivi di molto di quello che ci troviamo intorno nel mondo di costruito sono basati su standard meteorologici di 20-30 anni fa. Quindi c’è il rischio di vedere il problema nella sua entità, attivare un policy making importante come quello che ci aspetta Glasgow a fine di quest’anno, ma il nemico sta nei dettagli.

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La resistenza al cambiamento climatico si costruisce tutti insieme e guardando tutti gli aspetti della nostra vita sociale.

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In questo meccanismo di trasmissione, come opera la fondazione Enel e come può facilitare questo percorso?

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Sì, una delle attività più interessanti che abbiamo fatto nel corso dell’anno è stato immaginare nuovi modelli di valutazione di rischi o paese che tradizionalmente incorporano rischi del tipo rischi politici, rischi di credito, quelli che abbiamo studiato tutti e non prendono in consigliazione ad oggi i più tradizionali i rischi da cambiamento climatico.

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Quindi abbiamo lavorato con degli economisti di fama internazionale e nazionale per aggiornare questi modelli di rischio paese a che possono incorporare tre elementi fondamentali per noi. Il primo è la redistribuzione della ricchezza. Senza redistribuzione della ricchezza equa si costruiscono delle società, dei sistemi politici, delle nazioni che sono fragili. Non possiamo più guardare a PIL soltanto, ma dobbiamo guardare a una redistribuzione della ricchezza equa.

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Questo perché esiste il cambiamento climatico che va…

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ha fattorizzato e computato nei modelli di rischio paese e perché il combinato risposto delle due cose, come vediamo dai impatti del Covid sulle fasce della popolazione più fragili, è incredibilmente alto e destabilizza le nostre società. Terzo, e non meno importante, va incorporato secondo noi in questi modelli di valutazione di rischio paese le opportunità date dall’accelerare la transizione energetica o i rischi dati dall’impedirla o fermarla, cosa che non ci possiamo perdere.

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Beh molto molto interessante, ma volevo chiederti questi modelli sono poi stati applicati ai singoli paesi, quindi avete una mappatura di questa tipologia di rischio a livello internazionale o rimane un caso teorico? E poi volevo chiederti se per caso sono disponibili questi dati.

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Sì, grazie alla domanda, chiaramente è molto importante e il fatto che dicevo prima come fondazione Enel non amiamo scrivere delle ricerche che poi stanno in una libreria, ma amiamo fare delle proposizioni scientifiche che poi vengono applicate. Quindi con uno.

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dei gruppi di economisti più importanti del nostro Paese, che è il gruppo di economisti di SACE, abbiamo avviato la valutazione esperimentale di questi tre rischi di cui vi dicevo, quindi il cambiamento climatico, distribuzione della ricchezza e transizione energetica sulle mappe di rischio Paese che SACE fa egregiamente da tantissimi anni.

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quindi saranno disponibili a breve, sono soltanto l’inizio di quello che si può fare, ma è importante aver sbloccato il meccanismo, aver indicato secondo noi la necessità estrema di valutare in maniera diversa, più holistica e omnicomprensiva, i rischi che ci troviamo ad affrontare e di conseguenza avere contezza dei piani di sviluppo e dei loro impatti in questa nuova nonna.

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Grazie Carlo, veramente molto interessante. Spero pure che siano degli indicatori che in futuro verranno utilizzati dalle agenzie di rating pure per valutare il rischio paesi, quindi lo spread sui mercati. Magari in un prossimo futuro ci sarà anche questa componente. Devo dire, non so se arriveremo a una componente di rating quotidiano, però certamente noi puntiamo al grosso bersaglio che sono le valutazioni dell’OECD, dalle quali poi discendono tutti

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perché se una entità come l’OCD che influenza con le proprie valutazioni rischi paese, rischi di merito e credito, inizia l’acquisire questa logica, quale che sia poi le modalità di imprementazione, ma si tratta di fare un salto logico e di avvertire la necessità di avere nuove variabili in questi modelli. Ricordiamo che gli ultimi due degli ultimi tre premi Nobel

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sono stati dati proprio perché ad economisti che hanno da un lato provato a incorporare i cambiamenti climatici nei modelli macroeconomici di lungo periodo e dall’altro provato strumenti per l’eliminazione della povertà che partiscono da casi concreti. Quindi c’è tutto un humus molto pronto per attuare questo cambiamento, dobbiamo fare in modo che gli strumenti che utilizziamo quotidianamente per l’allocazione di capitali e per l’allocazione di investimenti siano tarati su questa nuova.

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Grazie Carlo, estremamente interessante. Penso che ora in un’ottica top down, partendo dal rischio paese, possiamo entrare nel merito proprio della finanza sostenibile. E ti volevo chiedere qual è oggi la più grande sfida su questo tema.

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Ti risponderei che da un lato potremmo dire che sono le metriche ibride, quindi il compenetrare con le metriche classiche, diciamo, di valutazione, della profittabilità di impresa, metriche che comprendano la sostenibilità. Però forse è meglio andare nella direzione che tu indicavi. Si tratta proprio di fare uno scale down da quella che è la visione del paese di rischi e opportunità e trasfonderla nelle valutazioni.

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Oggi un’impresa non può prescindere dal valutare i impatti del cambiamento climatico e lo fanno le imprese più lungimeranti e dobbiamo stare molto molto attenti al fatto che se oggi lo fanno le imprese più lungimeranti probabilmente i domani gli assicuratori, i prestatori di denaro, i policy makers chiederanno alle imprese di fare queste valutazioni.

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Quindi è importante attrezzarsi con una serie di strumenti che possono interpretare in chiave di impresa i temi a cui facciamo riferimento. L’altra cosa importante è che nell’affrontare questi temi e nell’affrontare l’eterogeneo mondo della finanza sostenibile è importante aver chiaro che quello che si dice va rispettato e che gli impegni vanno presi. Quindi non avete sentito parlare, sentito parlare di finanza sostenibile su progetti che non sono in alcune…

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definibili sostenibili per il pianeta e su allocazioni di denaro fatte verso imprese che oggi non danno nessun beneficio al nostro pianeta, quindi importante perché gli investitori chiedendo delle misure che siamo concrete andranno a vedere se c’è un bluff o se c’è una reale cura per il pianeta da parte degli imprenditori.

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Ma a tale proposito mi dicevi che spesso c’è un freintendimento sulla denominazione di finanza sostenibile. Ti va di raccontarci quello che normalmente viene spacciato per finanza sostenibile ma poi nella pratica non lo è affatto anche perché credo che abbia una valenza anche commerciale ed è giusto evitare possibili equivoci se sei d’accordo.

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Sì, sono molto d’accordo. Direi che non vorrei dividere il mondo in buoni e in cattivi. Vorrei dividere il mondo in chi si accorge di quello che sta facendo la propria impresa e prova a cambiarlo e chi invece fa finta di non accorgerse e non prova neanche a cambiare.

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Questo perché sicuramente ci sono dei modi di, per esempio, produrre energia o produrre beni e servizi che non sono tradizionalmente maestati sostenibili e farli diventare realmente sostenibili implica degli investimenti non banali.

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Quindi non giudicherei io le imprese sulla base della velocità in cui riesco a cambiare direzioni verso la sostenibilità, ma sulla base dell’effettiva volontà che hanno per raggiungere obiettivi di sostenibilità. In questo, se ci sembra il caso, possiamo fare l’esempio del governo italiano che fra le tante cose che ha fatto quest’anno, nel corso del 2020, ha fatto una cosa che è stata molto poco notata e che dovrebbe essere valorizzata.

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meglio nel contesto europeo mondiale, cioè l’Italia è stato l’unico paese che ha preso un’agenzia come la SACE dedicata all’Esport Estero e gli ha permesso di svolgere la propria attività nel paese, in Italia quindi, con riferimento specifico a supportare la transizione energetica. Non è una cosa banale, uno Stato che decide di prendere alcuni fondi di garanzia di prestito e li orienta tutti alla finanza sostenibile. Finanza sostenibile…

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vera e non teorica, che si basse su progetti concreti. So che prima di iniziare l’intervista mi hai detto di non utilizzare l’inglese, ma c’è un’espressione inglese che io amo, che è Walk the talk, perché secondo me deve essere il motto della finanza sostenibile. L’importante è che si faccia ciò che si dice e ci sia una vera concretezza nel perseguire obiettivi sostenibili.

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Grazie Carlo. Senti, se posso quindi provare a riepilogare la sfida maggiore che hai individuato è quella di valutare i rischi e le opportunità del cambiamento climatico e della transizione energetica. Da qui voi lavorate, se ho ben capito, su tre livelli dagli appunti che ho preso. A livello di rischio paese con la mappatura dei rischi saci aggiornata per i modelli di valutazione del rischio di cambiamento climatico e ambientale. A livello di impresa e a livello

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di un progetto a livello locale che possa essere una bella storia di successo da raccontare?

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Sì, se è bella lo giudicheranno i tuoi ascoltatori, però ve la racconto. Prima vorrei fare un passaggio sull’impresa, nel senso che uno degli ultimi study che abbiamo portato a termine è stato uno studio con il professor Kramer di Harvard, sull’utilizzo delle metriche ibride. Quindi è molto importante che l’azienda guardi questa realtà e la inizi a interpretare e a raccontarla con delle metriche che non sono più quelle tradizionali.

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e rimando i tuoi ascoltatori, diciamo, se volessero un approfondimento di questo studio. Per quanto riguarda la nostra attività a livello locale, è un’attività che è caratterizzata da due dimensioni.

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La prima è avere un impatto positivo sulle realtà locali e la seconda è avere una scalabilità intrinseca perché gli obiettivi di fondazione sono internazionali se possibile e quindi ti raggiunge una scala interessante, però se non si parte dal micro provando un modello e testandolo non si arriverà mai al mar.

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e in questo appunto vi racconto l’esperienza che abbiamo avuto grazie alla collaborazione con Confindustria Belluno con la quale abbiamo iniziato a mettere a fuoco appunto i rischi derivanti dal cambiamento climatico e le opportunità che le imprese del bellunese ne potrebbero ottenere da una gestione dei rischi più assennata e più conscia. La prima cosa è valutare un rischio come tutti sanno e determinare le variabili, quindi il lavoro che abbiamo fatto con

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l’unico fintustro a Belluno, la Venice International University e il Centro Mediterraneo dei Cambiamenti climatici è stato definire delle mappe di rischio climatologico e una vulnerabilità intrinseca di tutto quello che insiste sul territorio nazionale.

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Il tema che abbiamo oggi nel campo della climatologia e della meteorologia è che sappiamo che in Italia fra trent’anni ci sarà più caldo che quest’anno. C’è ancora più caldo di quando ve ne fosse quando io sono nato nel 1971, ma se fai e se gestisci un’impresa di occhialeria nel Bellunese devi sapere quali sono le fragilità intrinseche di quel territorio, quali sono gli impatti climatici specifici di quel territorio,

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probabilmente differenti e lo sono da quelli che avrai se fa impresa a Venezia da Osta o piuttosto in Sicilia. Quindi è importante l’attività di scale down, quindi di ridurre e di analizzare territorialmente quelli che sono gli impatti del cambiamento climatico. Penso, anzi so per certo, che gli imprenditori coinvolti sono stati molto contenti ed è un lavoro che vorrei sottolineare iniziato grazie allo sforzo di Confini Industriabelluno nel mezzo della crisi da c***o.

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Questo per dire che chi fa impresa là fuori, se è ben informato, è il primo a cogliere la palla per gestire meglio la propria impresa in maniera sostenibile e che abbia un impatto positivo per tutti.

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Una volta identificata all’interno della mappatura dei rischi i vari livelli di vulnerabilità, c’è una lista di interventi volti alla mitigazione di questi rischi? Nel senso, c’è una vostra applicazione pratica oltre all’identificazione nella mitigazione del rischio? Perché questo credo sia una cosa interessante perché evidenziare un problema è sicuramente estremamente importante ma non so se voi intervenite anche nel proporre la soluzione operativa per la mitigazione di quel rischio.

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Allora, noi sicuramente ci occupiamo di soluzioni operative che afferiscono a settori che ci sono vicini. Non possiamo trovare la soluzione per tutti i rischi, ma sicuramente c’è una formula che cerchiamo di diffondere all’interno della comunità confindustriale in questo caso, e della comunità delle autorità e delle agenzie in generale che è

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nei confronti del cambiamento climatico o stiamo tutti in piedi o lo affrontiamo tutti insieme e lo vinciamo o non riusciremo a vincere. Questo perché tu puoi avere l’industria di appunto occhialeria o piuttosto impianti turistici più resilienti del mondo, quindi hai fatto tutto quello che è necessario, per esempio la seggiovia è tarata per resistere ad eventi particolari.

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le strutture alberghiere sono costruite in posti in luoghi che sono affidabili anche dal punto di vista idrogeologico nel medio periodo, ma se le strade per esempio per raggiungere la tua industria o la tua attività alberghiera non sono adeguate, non sono manutenute, hai già creato un elemento di fragilità.

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Quindi formule specifiche solo per i settori in cui operiamo, ma formula più importante prendendo un vecchio brocardo latino, simul stabunt, simul cadent, o stiamo tutti in piedi insieme o cadiamo tutti insieme. Sarà poi a ciascun comprenditore, a cercare in realtà industriale, declinare il proprio piano di resilienza nel contesto in cui ho.

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Penso di trovarti d’accordo, caro Carlo, che un approccio corale non è mai facile, però credo che in questo ambito il ruolo di grandi aziende multinazionali abbiano una funzione guida importante. Ne parlavamo anche nell’episodio con Fernando Napolitano sul grado di influenza delle grandi aziende nella collettività perché hanno un approccio sovranazionale e possono avere un importante ruolo nel pure cambiamento delle abitudini e della filosofia di vita. Quindi io credo che Enel abbia fatto molto

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la fondazione ma perché c’è probabilmente un approccio a livello di gruppo che dà grande importanza questa tematica tanto da destinare una visione concreta alla fondazione è nel dotarla di un team all’altezza e tutto il bel programma che state sviluppando quindi ti volevo chiedere questa che potremmo definire ma non una detta mia ma in termini oggettivi una best practice pensi possa essere utile applicarla come modello ad altre grandi aziende come è nel foundation può aiutare in questo processo

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è questo.

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Allora, concordo sull’idea di cui avete discusso con Fernando su il ruolo delle grandi imprese. Devo dire però tre cose prima di rispondere specificatamente alla tua domanda. L’importante nel valutare quanto possano fare le imprese e non dimenticare quanto può fare lo staff.

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Se consideri i due esempi pratici che sono il covid, per quanto ognuno nello stato da cui si sente rappresentato possa trovare le critiche e consideri gli standard di ricerca e approvazione dei vaccini, possiamo dire che gli stati nel mondo hanno fatto una performance notevole, perché un anno fa ci trovavamo a parlare di questa crisi, oggi ci troviamo a parlare dei vaccini e vediamo che stati lungimiranti e efficienti.

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sono riusciti ad attraversare tutto il processo e ad attivare attività vaccinale. E parlando di climate change non bisogna dimenticare che le uniche istituzioni che hanno portato avanti gli studi sul cambiamento climatico, sulla meteorologia e le più prestigiosi in questo momento sono istituzioni statali o internazionali, comunque rappresentate dagli stati. Quindi secondo me nonostante esposi appieno chiaramente il ruolo, la responsabilità delle grandi aziende,

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delle istituzioni pubbliche perché ripeto vaccini e meteoclimatologia oggi ci dicono che senza lo Stato non sarebbero potute diventare una realtà. D’altro canto

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importante anche che gli imprenditori a valle o a monte di grandi gruppi imprenditoriali siano in grado di gestire e rielaborare questi stimoli di cui dicevi, perché senza quel tessuto di piccole e medie imprese che caratterizza la nostra economia ormai in tutto il mondo, non si può andare da nessuna parte. Quindi è assolutamente importante che attività come quella di fondazione Enel vengano riplicate. Oggi in Italia abbiamo assistito questo…

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proprio il mese scorso alla creazione della fondazione CDP, la fondazione di Cassa Deposi e Prestiti, che immagino avrà un programma operativo molto ampio e molto…

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concreto nel portare benefici al tessuto nazionale. Come nel Foundation, noi siamo sostanzialmente aperti alla collaborazione con chiunque abbia interessi a questi temi. Collaborandiamo, come ci siamo detti, con istituzioni locali, come i nostri amici della confindustria Belluno, così come collaboriamo con istituzioni internazionali quali l’Unicef o università prestigiosi quali Alward che sono interessate a perseguire la nostra stessa linea di pensiero, diffondere

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basata sulla scienza per far sì che il cambiamento climatico venga attenuato e la transizione energetica venga accelerata.

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Questo fa parte esattamente di quello che nel format Inside Finance chiamiamo Call to Action, nonostante cerchiamo di evitare l’inglese, ma ci ritorna sempre.

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Però ecco, è importante per noi dare agli ascoltatori sempre delle possibilità di collaborazione, quindi hai citato una categoria interessante con cui potreste avere delle formule di partenariato, non so se te ne viene in mente qualcun’altra, cioè la fondazione, nonostante ovviamente a rapporti ovunque in Italia, è alla ricerca di qualcosa in particolare che potrebbe cogliere l’attenzione di qualcuno dei nostri ascoltatori.

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Assolutamente sì, immagina per esempio tutte le persone che oggi si occupano di allocare i nostri spani.

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Quindi i broker, coloro che si occupano del locale dei nostri risparmi, sono quella cinghia di trasmissione della sostenibilità tra la signora Maria, mia mamma e il suo tesoretto di investimenti e la realtà della finanza sostenibile. Quindi, per esempio, quella categoria di persone, di professionalità, se è ben informata e se ha voglia di fare qualcosa per il nostro pianeta, è quella che può trasformare in realtà la finanza sostenibile.

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In generale direi che siamo alla ricerca di buone idee e buona volontà di collaborazione lungo il percorso di attenuare gli impatti e i cambiamenti climatici e farlo profittando della transizione energetica. Un’altra figura che mi viene in mente oggi che potrebbe sembrare distante da questi argomenti così alle volte aulici è l’amministratore di condominio. Oggi chi gestisce i nostri immobili?

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ha in mano la possibilità di trasformare in maniera efficace il modo in cui consumiamo energia nelle nostre case, il modo in cui viviamo la nostra quotidianità, mettendo appunto anche grazie a una serie di incentivi statali e fiscali, una ottimizzazione del modo in cui consumiamo nelle nostre case. E’ assolutamente importante, dallo studente di scuola media fino al pensionato che ha

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di soldi da investire per assicurare la sua pensione. Abbiamo tutti un ruolo da giocare e come fondazione Enel se riusciamo ad avere queste due caratteristiche, cioè avere un impatto e avere un impatto che è scalabile, siamo interessati a aprire fronti di collaborazione. Notevole, caro Carlo, molto molto bello il concetto di architettura aperta.

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spero tra i nostri ascoltatori che qualcuno colga l’opportunità. Ricordiamo che può inviare una mail a segreteria at insidefinance.it con le sue proposte, inoltreremo la sua mail allo staff della fondazione Enel e come al solito garantiamo la lettura ma non la risposta perché dipende ovviamente dal grado di interesse e di priorità del momento della fondazione.

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Da parte di Fondazione Enel, se posso permettermi, noi garantiamo la risposta a tutti. Quindi tutto quello che riceveremo siamo aperti a valutarlo. Non necessariamente sarà una risposta positiva, ma è importante ascoltare gli input di molte persone buone.

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Ancora meglio, caro Carlo, e ti ringrazio a nome degli ascoltatori. Dunque, visto che abbiamo ancora un po’ di tempo per il nostro approfondimento, ti voglio chiedere, definiamo bene insieme il rapporto tra sostenibilità e finanza? Perché secondo me spesso viene dato per scontato, però ti voglio chiedere proprio questo legame che sicuramente è molto profondo. A tuo parere, come può essere ben identificato per far capire ai nostri ascoltatori il concetto di finanza sostenibile?

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Sì, allora forse ci dobbiamo ricordare o è utile ricordare che la finanza è un mezzo per l’attività di impresa. Quindi secondo me il focus non deve essere tanto sulla finanza, lo strumento finanziario, anche se si sono fatte delle cose bellissime e volute in questo campo, ma l’importante è guardare quei mezzi finanziari raccolti o intermediati grazie a quello che possiamo definire finanza sostenibile.

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su che attività effettivamente vengono allocate.

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Quindi, per esempio, ci sono delle modalità di produzione di energia elettrica che inquinano il pianeta, non solo con la CO2, ma molto peggio, con una serie di inquinanti, e ci sono delle attività di produzione di energia elettrica che non hanno nessun impatto o bassissimo impatto sul pianeta. Nel momento in cui vogliamo mettere un adesivo, una targhetta con scritto Finanza Sostenibile, ci dobbiamo chiedere cosa sostiene quella serie di mezzi finanziari che vengono raccolti o intermediari.

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Dopodiché ci dobbiamo anche chiedere se gli intermediari finanziari che dichiarano i loro obiettivi di essere sostenibili effettivamente nella pratica quotidiana che va dall’allocazione di capitali di un fondo pensione a finanziamento di imprese delle più varie, hanno dei sistemi per…

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possano dimostrare che l’impatto dei loro investimenti sia effettivamente positivo o neutrale sul nostro pianeta e sulla nostra salute. Quindi per definire la finanza sostenibile bisogna avere i dati più oggettivi possibili e che non sono soltanto gli strumenti di valutazione che abbiamo usato in passato, ma devono essere combinati e compenetrati con strumenti che ci

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sulla nostra salute. E mi sembra anche chiaro il vostro impegno in questo senso. Sì, è importante, per questo abbiamo lavorato con gli amici di Harvard per cercare di aprire sempre più quest’idea delle metriche ibride. Sapete che tutte le compagnie ormai fanno bilanci di sostenibilità di tutti i tipi e le misure. La cosa importante è che la sostenibilità non sia un qualcosa di carino da avere al latere del business che viene condotto.

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ma che sia interiorizzata in tutte le attività che vengono condotte dall’impresa e di conseguenza finanziate dalla finanza.

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Grazie caro Carlo, io mi ero segnato due domande che volevo farti con i tuoi consigli per i giovani e soprattutto le tue visioni e considerazioni per il futuro. Prima però, visto che abbiamo un po’ di tempo, ti volevo chiedere, ci fai un po’ di chiarezza sul tema dei certificati bianchi e qual è l’opportunità oggi per l’empreso oppure per chi ha delle grandi tenute agricole di poter utilizzare questa possibilità? Perché credo che sia ancora troppo poco nota e che abbia un potenziale interessante.

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bene però potrebbe valer la pena approfondirlo

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Allora io direi in generale, visto che ci occupiamo di temi nazionali, internazionali, sicuramente i certificati bianchi sono una realtà, la metterei giù però in maniera diversa. Ci sono strumenti della fiscalità ordinaria e straordinaria, così come strumenti di incentivazione che si evolvono nel corso del tempo. Adesso vedremo, io immagino che col nuovo recovery plan ce li saranno agli altri.

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è importante entrare in una mentalità che ci dica che alcune azioni, quindi lo sfruttamento sensato delle nostre case per produrre energia o piuttosto dei nostri asset per produrre energia o piuttosto l’ottimizzazione dei consumi in un verso o in un altro, sono ormai elementi della realtà che trovano rispondenza non solo nell’esistenza di incentivi alle volte.

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ma anche soprattutto nel costo e nei benefici che derivano dalla tecnologia. In altri termini ci potremmo trovare, caso in cui fossi un imprenditore agricolo o piuttosto un amministratore di condominio, a verificare che anche in assenza di incentivi alcune soluzioni di produzione improprio di energia elettrica o efficienza energetica

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sono già lucrative di per sé. Quindi io disaccoppierei il commento dai Certificati Bianchi dall’idea di mettere tutti questi nuovi occhiali che guardano il nostro pianeta come una risorsa finita e che guardano alle tecnologie, il che non lo è, è chiaro, non è una risorsa infinita, è una risorsa finita, e che guardano alle tecnologie di efficienza energetica e rinnovabili non più come un lusso, ma come una realtà che viviamo della nostra quotidianità.

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Ognuno di voi ha preso un monopattino elettrico o piuttosto una bicicletta elettrica, chi li gestisce non è certo un benefattore del pianeta e qualcuno che ha accolto un’occasione di business ha zero impatto sul nostro ambiente e ne sta beneficiando già oggi.

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Ottimo Carlo devo dire, intravido anche tante possibilità e anche un’energia positiva per un trend importante in atto che mi sembra che abbia avuto un’accelerazione con gli ultimi accadimenti. Senti, ma a questo punto che cosa consiglieresti ai giovani che oggi si trovano a dover fare delle scelte importanti sulla carriera, sull Hai dei suggerimenti ovviamente contestualizzati nella tua realtà che possano essere di utilità?

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Sì, grazie per la domanda. Devo dire di tutto quello che mi hai fatto. È la mia preferita avendo due figli e molti ragazzi a cui mi pregio di fare da mentor. Prima direi due cose molto veloci. La prima, il futuro non è nero come si immagina. E’ appena uscito un…

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paper su natural climate change che ci conferma che se riusciamo a orientare le nostre attività in maniera assennata potremmo poter traslare gli effetti del cambiamento climatico più estremi di un paio di secoli e quindi alla fine provare anche a stopparlo. Quindi siamo in una situazione molto molto delicata non è ancora persa la battaglia di vivere in un mondo sostenibile per tutti ed è.

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che mi sembra la prima cosa, perché alle volte leggo dei messaggi allarmistici di tutto è finito, c’è la crisi del cambiamento climatico. Non è così, ogni azione conta e soprattutto la determinazione dei giovani ci potrà aiutare a venir fuori da una crisi del cambiamento climatico. La seconda cosa che stiamo cercando di perseguire per i giovani e con i giovani è la necessità di informarsi. E’ importante informarsi, avremo l’occasione per esempio di…

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la COP26 a Milano a fine settembre. È la prima volta al mondo che si fa un evento preliminare alla negoziazione sui cambiamenti climatici dedicato ai giovani e sarà in Italia. Noi abbiamo pubblicato un libro col più giovane negoziatore dei cambiamenti climatici italiano per spiegare cosa sono in effetti questi negoziati sui cambiamenti climatici.

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E’ importante informarsi, è importante aggiornarsi, è importante leggere anche il proprio curriculum, la propria scelta delle materie all’università o il proprio tempo dedicato all’attività lavorativa durante gli ultimi anni del liceo, leggerlo in questa chiave di sostenibilità. Più riusciremo a informarci oggi e noi abbiamo parecchie inizie a dire per i giovani, quindi se qualcuno di tu, gli ascoltatori, ha dei figli o è giovane e ci vuole contattare,

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di fondazione Enel. E’ importante, ci sono tantissime occasioni per formarsi e chiaramente chi avrà la capacità e la voglia di informarsi su questi temi avrà sicuramente un asset in più nel trovare sbocchi professionali futuri. Ma in ogni caso non dimentichiamoci, sia che un giovane voglia fare il pittore, sia che voglia fare l’architetto, l’ingeniero, l’avvocato, il cambiamento climatico.

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i rischi e la transizione energetica saranno temi che attraverseranno trasversalmente le loro professioni.

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Grazie Carlo, spero che i ragazzi abbiano colto questa grande opportunità che gli dai. E volevo chiederti, ma non so se hai notato, ho letto anche tu, che pare ci sia un fenomeno ancora limitato, ma comunque in crescita, di un po’ un ritorno alla natura. Cioè tanti ragazzi che, anziché seguire un po’, piace pure chiamarlo così, il lavaggio del cervello classico, che esistono solo alcune carriere, ma…

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in realtà hanno un’apertura di visioni più ampia, tornano alla campagna per avere un nuovo approccio all’agricoltura. Volevo chiederti sulla base di questo trend, non so se ne hai percezione anche tu, vedi che ci sono delle nuove opportunità in termini energetici o di sostenibilità nel mettere a frutto con una nuova visione l’agricoltura?

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Alla percezione non riesco a stimare quanto sia grande il fenomeno, ma la percezione c’è, nel senso che personalmente conosco vari imprenditori o neo-imprenditori che hanno deciso di fare questa attività. Sicuramente è fra quello che posso dire che è innesso fra agricoltura e energia e notevole, nel senso che oggi la conduzione di un’impresa agricola ha disposizione dei mezzi grazie all’evoluzione delle tecnologie notevoli, tanto per l’abbassamento dei costi

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la terra quanto per la produzione di energia dedicata a riscaldamento o a raffreddamento.

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Noi abbiamo fatto qualche attività nel settore dell’agricoltura, ma la cosa più importante è da dire che il nostro paese, probabilmente nel mondo, grazie alla alta qualità della produzione agricola, al fatto che antropizzazione non è notevole, quindi ci sono ancora grandi spazi che possono essere dedicati all’agricoltura, ha molte buone opportunità, compreso il fatto che vista l’esposizione solare che abbiamo, il solare, la produzione solare può essere un grande compagno del produttore agricolo di questi tempi.

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come dicevamo per tutti, che esistono i cambiamenti climatici, quindi la risorsa acqua, la previsioni meteorologiche, sono una cosa che nella vita dell’agricoltura diventano sempre più importanti, molto più importanti di qualche anno fa, in cui diciamo è importante aggiornarsi e prepararsi per affrontare in maniera serie il cambiamento climatico. Finisco con una nota così…

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che ci fa sorridere ma che ci fa vedere una grande opportunità oggi se mangiamo un avogado più che probabilmente prodotto a Catania piuttosto che in Colombia. Questo vent’anni fa tanto per la retratezza di una certa impostazione dell’agricoltura quanto per un certo tipo di clima non era possibile, oggi è possibile, produrli buona qualità in un bene che come tutti sapete ha fatto

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quasi pari a quelle della droga e oggi è possibile produrre in Italia. Quindi dagli avogado del Catanese possiamo andare anche al caviale prodotto in nord Italia che è uno dei migliori del mondo con l’acquacultura e quindi sì ci sono grandi opportunità secondo me e soprattutto c’è una grande affinità in temi di cambiamento climatico e transizione energetica nell’affrontare questa professione.

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Caro Carlo, non sai quanto apprezzo queste conversazioni così ispirative. Quindi ti ringrazio perché sono veramente spunti che fanno pensare al meglio per il prossimo futuro per chi saprà cogliere il cambiamento in atto sotto tutti i punti di vista. Senti, siamo giunti alle tue visioni e considerazioni per il futuro. Come vedi i prossimi anni nell’ambito che ti riguarda?

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Sì, allora io personalmente sono un positivo anche se con una certa dose di realismo. Secondo me ci sono tutte le premesse perché il futuro sia migliore del presente. Questo grazie al fatto che ci sono grandi imprese, ci limitiamo al nostro paese, che ci sono grandi imprese nel nostro paese che hanno e sentono quella responsabilità di uno sviluppo sostenibile, ma anche grazie al fatto che abbiamo secondo me un sistema democratico.

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molto forte che ci permette anche nell’ambito dell’entropia di questi giorni di tenere in piedi un paese e tenere salde direttrici della equa redistribuzione della ricchezza e della sostenibilità. Quindi il futuro vedo positivo.

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è importante che tutti riusciamo a collaborare con tutti, quindi se abbiamo interesse di nuovo un invito ai tuoi ascoltatori che sembrano convergenti, non siamo timidi nell’esplorare le possibilità di convergenza, perché due cervelli sono meglio di uno e due asset, due capacità di investimento sono meglio di uno.

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quindi è importante secondo me giocare la nota della convergenza per assicurare un futuro sostenibile e che sia appunto sostenibile per tutti e non solo per altri. Grazie Carlo, ma in particolare il mondo della mobilità, credi che il futuro sarà elettrico? Io personalmente credo che il futuro sarà elettrico per un fatto oggettivo. Nonostante quello che si dica, oggi la produzione che si è detto nell’ultimo mese grazie alle uscite di alcuni amici giapponesi

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l’elettrico è attualmente la forma di mobilità più sostenibile in assoluto. Abbiamo visto nelle nostre città con la riduzione del traffico ordinario, lo possiamo vedere in questi giorni stando accanto o dietro a un automobile che va ancora a combustibili fossili o un automobile elettrico.

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mentre accanto alla prima non passeresti con un passeggino, accanto alla seconda ci pasteresti con assoluta nonchalance. Quindi a prescindere dal dibattito e dalla scientificità delle assoluzioni che ci dicono che la sostenibilità, la mobilità elettrica sia la soluzione, abbiamo anche la possibilità di verificarlo con i nostri occhi e nella nostra esperienza.

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Detto questo, nel dibattito della mobilità sostenibile devono entrare secondo me non solo le auto private ma anche i mezzi di trasporto pubblici del nostro paese, perché da quelli passa sia un buon esempio dato dallo Stato, ma soprattutto il fatto che possiamo rendere realtà a quelle situazioni, esperienze di vehicle to grid, quindi in cui c’è un’interazione positiva tra i mezzi di mobilità elettrica e la rete.

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perché si sostengono a vicenda e interiagiscono positivamente che nel mondo delle auto abbiamo iniziato a vedere soltanto l’opera.

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Infatti volevo chiederti quali erano i tuoi pareri i maggiori impedimenti, anche le soluzioni e mi hai già risposto caro Carlo, quindi condivido appieno il ruolo del settore pubblico per incentivare anche il cambiamento degli usi, dei costumi e delle abitudini. Senti caro Carlo siamo in chiusura, normalmente facciamo un riepilogo con 3-4 bullet point che tu vuoi che rimangano impressi ai nostri ascoltatori, così poi ci possiamo fare i saluti finali.

50:01
Grazie, io a costo di essere repititivo, ma come sappiamo tutti la goccia scava la pietra, secondo me dobbiamo orientare le nostre azioni, sia che siamo uno studente di liceo, l’amministratore di una grande impresa, il conduttore di un programma come questo, a tre dimensioni. La prima è che la ricchezza non può essere se non redistribuita in maniera equa e dobbiamo stare particolarmente attenti nel farlo.

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La seconda che il cambiamento climatico è una realtà di oggi, non una teoria di domani e in quanto tale deve essere presa in considerazione come un elemento per orientare le nostre azioni, le nostre scelte. E la terza che è la transizione energetica nelle sue declinazioni più auliche, quindi parchi di generazione per l’intero paese, a quelle più pratiche, quindi come viene riscaldato il mio condominio o con che mezzo vado a lavorare, è un’opportunità.

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un’opportunità che ci possiamo permettere, quindi non è più un lusso, grazie all’innovazione tecnologica che dobbiamo perseguire con decisione per attenuare il cambiamento climatico e anche per assicurare una redistribuzione della ricchezza più alta.

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Caro Carlo, ti ringrazio molto a nome mio personalmente, ma a nome anche di tutti gli ascoltatori, perché ci ha dato la possibilità di scoprire da vicino l’attività e la storia della Fondazione Enel, gli importanti risultati che sta conseguendo, tutte le ipotesi di replicabilità e anche di collaborazione con voi. Insomma, una serie di spunti estremamente utili per vedere di buon occhio il nuovo anno e gli anni a venire.

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